I nuovi treni che verranno introdotti a partire da maggio dovrebbero impiegare 2 ore e 50 minuti. Ma l'uso dei convogli usati fino a gennaio per collegare Roma a Reggio Calabria, permetterebbe di mantenere una velocità più elevata nelle curve. L'assessore Pizzo: «Il problema non è la velocità, ma il binario unico»
I pendolini dismessi da Trenitalia sulla Pa-Ct? «Potrebbero ridurre i tempi di altri 20-30 minuti»
Da maggio i nuovi 14 treni, andata e ritorno, che collegheranno Palermo e Catania lo faranno in 2 ore e 50 minuti. Poco più del tempo che impiegava l’autobus prima della chiusura dell’autostrada A19 a causa della frana che ha colpito il viadotto Himera. È quanto ha promesso l’assessore regionale alle Infrastrutture Giovanni Pizzo. Eppure, oltre ad aumentare la frequenza delle corse ed eliminare alcune fermate intermedie, per abbattere ulteriormente i tempi potrebbe essere utile guardare anche al tipo di treni che viaggiano sulle rotaie della Sicilia. Non serve l’alta velocità, ma semplicemente convogli in grado di mantenere una velocità elevata anche in percorsi non lineari, ma con molte curve, come è quello tra le due principali città siciliane.
Il pendolino, storico mezzo delle Ferrovie italiane, risponde a queste caratteristiche, eppure non ha mai varcato lo Stretto. Creato nel 1988 per collegare Milano e Roma, fu una rivoluzione per gli utenti. Soppiantato poi dall’alta velocità, è stato per anni il treno di riferimento tra la capitale e Reggio Calabria. Da gennaio del 2015, Trenitalia lo ha messo in pensione, sostituito da convogli più potenti. Centinaia di vagoni ancora funzionanti vanno verso la rottamazione. «E invece, soprattutto in questo momento, farebbero molto comodo alla Sicilia – spiega Francesco Russo, professore di Trasporti all’università di Reggio Calabria – la sua capacità di entrare nelle curve a velocità più alta permetterebbe un guadagno di tempo che può arrivare fino al 20 per cento».
I due nuovi treni già messi sulla tratta Palermo-Catania a seguito della frana, collegano le due città in 3 ore e 10 minuti. Quelli che entreranno in funzione da maggio dovrebbero scendere a 2 ore e 50 minuti. Usare un pendolino potrebbe ridurre il viaggio di altri 20-30 minuti. Si arriverebbe così a 2 ore e 20-30 minuti, esattamente il tempo che la Regione, nel contratto istituzionale di sviluppo con le Ferrovie, immagina di raggiungere nel 2020 ma solo con investimenti milionari.
Il pendolino – nome tecnico Epr 450 – è stato usato quasi sempre su tratte nazionali, perché ha bisogno di lunghi tragitti per raggiungere la velocità massima. Ma la caratteristica principale che venti anni fa lo ha reso rivoluzionario è la capacità di entrare nelle curve mantenendo una velocità elevata, grazie a quella che è assimilabile a una sospensione delle auto. La maggior parte degli esemplari è alimentato a elettricità, cosa che non ne permette l’utilizzo sulle rotaie siciliane che, in diversi segmenti, non sono elettrificate. Ma ne esistono anche diversi pezzi a diesel. «Questi – afferma Russo – sarebbero ideali per una tratta lunga come quella tra Catania e Palermo, anche considerando che, mantenendo le fermate previste a Enna, Caltanissetta e Termini Imerese, solo il segmento tra le due città del centro Sicilia sarebbe breve. Ma il treno potrebbe essere lanciato e raggiungere la velocità giusta».
Un’ipotesi che solo l’impegno della Regione Sicilia potrebbe far diventare realtà. Ma l’assessore alle Infrastrutture, Pizzo, non la considera percorribile. «Il problema – replica – non è la velocità del treno, ma il binario unico e i tratti di rallentamento. Non è vero che altri treni ci metterebbero meno tempo. Abbiamo il diritto di avere il materiale rotabile migliore in Sicilia». A proposito di nuovi mezzi, l’assessore annuncia che «entro fine maggio verrà fatta una gara da 50 milioni di euro per nuovi treni. Il problema, quando si mette un treno diverso, è la manutenzione e l’officina».
Pizzo si dice comunque ottimista sulla possibilità di trasformare una situazione di emergenza in opportunità di cambiamento: «Il siciliano è individualista, non ama i mezzi collettivi per natura e considera il treno poco dignitoso. Tuttavia credo che nel medio periodo ci saranno situazioni migliori; i siciliani prenderanno il treno, ne vorranno di migliori e anche Trenitalia sarà disposta a investire. Già – conclude – mi risulta che il primo treno tra Catania e Palermo di lunedì era pieno al 50 per cento, oggi (ieri ndr) lo era al 100 per cento. Una rivoluzione culturale è già in atto».