I pacchi per i regali dall’asilo multietnico di Ballarò «Per aiutare le persone del quartiere in difficoltà»

Da sette anni alla Rinascente chi vuole fare un bel pacco regalo sa automaticamente dove andare: sale all’ultimo piano e si rivolge ai volontari del Giardino di Madre Teresa, l’asilo multietnico di Ballarò gestito da Kala onlus. L’iniziativa, portata avanti dai volontari e quest’anno anche dagli studenti attraverso il progetto di alternanza scuola-lavoro, è davvero all’insegna dello spirito natalizio. Chi vuole, infatti, può contribuire con una libera offerta a finanziare le tante attività di solidarietà portate avanti a piazza dell’Origlione.

                               

L’asilo, attivo dal 2010, è noto per essere un luogo interculturale che accoglie ogni giorno circa 50 bambini, in prevalenza figli di migranti, provenienti da dieci Paesi diversi. La sua posizione nel cuore di un quartiere complesso come Ballarò ha fatto sì che i volontari e le volontarie si spingessero poi a occuparsi non solo di  migranti. «Negli ultimi anni dedichiamo le nostre attenzioni anche ai disoccupati e ai pensionati del quartiere – afferma Ancella, volontaria da 15 anni – E, attenti allo spreco alimentare, collaboriamo con alcuni supermercati di Palermo per recuperare il cibo in scadenza tre volte a settimana. Per noi è volontariato attivo, nel senso che sono gli stessi disoccupati del quartiere che si preoccupano di raccogliere i prodotti e di portarli in sede, mentre poi coinvolgiamo i pensionati nella distribuzione». 

Un’azione riconosciuta e apprezzata dagli stessi palermitani, che porta dei risultati concreti. «Attraverso questo circolo virtuoso della solidarietà riusciamo a distribuire 70-100 sacchetti spesa pieni  di cibo che andrebbe perduto e che invece noi mettiamo a disposizione delle persone. È un’azione semplice, che potrebbero fare tutti i supermercati, specie se ci fossero degli intermediari che hanno le necessarie figure e i necessari mezzi. Facciamo anche una raccolta di indumenti usati, soprattutto per donne e bambini, e di giocattoli dal lunedì al venerdì».

                                  

Insieme ad Ancella a volte c’è anche Ciro, il più giovane volontario dell’associazione. A 11 anni passa qui parte delle feste, due anni fa ha chiesto alla mamma per la prima volta di poter collaborare. «È un ragazzino sveglio e sensibile – dice Ancella – e quando la gente gli chiede perché lo fa, lui risponde che vuole aiutare i bambini meno fortunati di lui». Ciro si schermisce, dà per scontata la solidarietà. E sorride mentre parla di quanto concretamente si possa fare molto anche con poco. Dietro di lui, poi, i colori accesi dell’Africa. «C’è anche il nostro mercatino solidale – spiega la volontaria – che abbiamo chiamato Mamma Africa perché le stoffe realizzate vengono in gran parte dalla Costa D’Avorio e dal Senegal. Le shopping bag, le camice e i portamonete vengono realizzate dalle mamme dell’asilo: è un modo per sostenerci e per promuovere le nostre creazioni. Si tratta di acquisti etici ed ecologici». 

Eppure la solidarietà di questi tempi non è più vista come un valore, anzi viene quasi osteggiata, trattata con fastidio, schernita. Quando ad Ancella si chiede se la campagna del governo contro le ong ha influito sull’esito delle donazioni di quest’anno, così come più in generale la narrazione contro i migranti, la donna risponde che «solo facendo sinergia si può sostenere chi è in difficoltà». 

Andrea Turco

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