I manifesti con scritto: «Scusate, mia figlia è una nullità» Il volto del generale dalla Chiesa con la figlia candidata

La faccia del generale Carlo Alberto dalla Chiesa con la scritta «Scusate, mia figlia è una niagghia». Una parola dispregiativa che in dialetto palermitano significa «una nullità». Manifesti sparsi per la città di Palermo con il volto del generale e prefetto ucciso dalla mafia nel settembre del 1982 che è il padre di Rita dalla Chiesa, candidata per le elezioni politiche in Puglia con Forza Italia. Dietro i cartelloni satirici che sono apparsi sui muri c’è ancora una volta il collettivo artistico Offline. Lo stesso che, già in passato, aveva fatto comparire in giro per la città i manifesti Forza Mafia e Democrazia collusa in occasione delle scorse elezioni amministrative palermitane. Adesso, a meno di dieci giorni di distanza dal voto per le Regionali, il collettivo è tornato all’attacco. 

«Giù le mani da Carlo Alberto dalla Chiesa e da sua figlia Rita – ha commentato sui suoi profili social Licia Ronzulli, la vicepresidente del gruppo di Forza Italia al Senato – I manifesti affissi per le strade di Palermo accanto a quelli di Totò Riina sono un insulto allo Stato, un oltraggio al generale eroe che ha sacrificato la sua intera vita per combattere la mafia, ai figli che hanno sopportato il peso doloroso di tale responsabilità e della perdita del padre. Questa campagna d’odio – ha aggiunto Ronzulli – ha superato il limite del permesso e dell’umanamente accettabile: la lotta della sinistra si macchia sempre dell’infamia». 


Dalla stessa categoria

I più letti

Giustizia per Emanuele Scieri

Catania archeologica, l`occasione mancata

In una nota protocollata al Comune etneo a metà gennaio l'associazione di piazza Federico di Svevia chiede di gestire il bene del XII secolo, abbandonato, per garantirne «a titolo gratuito e senza scopo di lucro, la fruibilità». Adesso interrotta dal cambio del lucchetto del cancello da cui vi si accede e dalle divergenze con uno degli abitanti, che risponde: «C'era il rischio per la pubblica incolumità»

I processi a Raffaele Lombardo