I leghisti di Bossi: barbari sognanti o barbari ignoranti?

Lauree facili, lauree regalate e lauree comprate. Scandali all’ordine del giorno del cerchio magico leghista. Storie che hanno riempito ignominiosamente e boccaccescamente, con buona pace del popolo padano, le cronache di tutte le testate giornalistiche e televisive nazionali e non solo. Questo delle lauree e dei titoli di studio “facilitati” è indubbiamente una prerogativa di molti politici del Nord e riguarda anche quelli non solamente di pura “razza” padana. Altro che “barbari sognanti” sarebbe più giusto appunto che costoro, alla costante ricerca di lauree da comprare, si fregiassero del “titolo”,questo sì, di “barbari ignoranti”.

Tutto questo, infatti, è la risultante di una sottocultura e scarsa preparazione che, evidentemente, caratterizza molti politici settentrionali. Mediocrità culturale che, non garantendo loro la sicurezza e la consapevolezza della acquisizione di un titolo di studio “regolamentare”, li spinge a cercare scorciatoie e pratiche poco ortodosse per ottenerlo. Emblematico, in tal senso, il caso dell’ex ministro alla “pubblica (d)’istruzione”, Mariastella Gelmini, che, nel 2001, conseguì a Reggio Calabria l’abilitazione alla professione di avvocato (perché nella sua Brescia, a causa della propria scarsa preparazione era, per sua stessa ammissione, per lei impossibile ottenere). Per poi passare all’ex senatore leghista, Claudio Regis, che si fregiava di una laurea in ingegneria che non aveva mai conseguito. Millanteria che gli aveva permesso, con apposito decreto del governo Berlusconi, di accedere indebitamente alla prestigiosa carica di vice commissario dell’ENEA. Scoperto e denunziato, si era poi dovuto dimettere. Per giungere, infine alle boccaccesche, vicende di questi ultimi tempi per cui, con i soldi dei contribuenti, i dirigenti leghisti, permeati da alto senso morale ed etico, oltre che comprare lingotti e diamanti, facevano incetta di lauree e diplomi a destra e a manca.

Così la laurea, comprata a Tirana del “ trota”, al secolo Renzo Bossi, e quelle di Rosi Mauro e del suo amico e “guardia del corpo”, Pietro Moscagiuro. Tutti costoro possono però rivendicare, a buon diritto, e di conseguenza trovare una parziale giustificazione, che questa prerogativa di comprare ed ottenere facili lauree e diplomi compiacenti era una caratteristica dei loro antenati “padani” e garibaldini che, 150 fa, conquistarono, invasero e depredarono il Regno delle Due Sicilie. A ben vedere, infatti, questa delle lauree facili ha una radice ben lontana che risale agli albori dell’Unità d’Italia. Basti pensare che, nel contesto della stessa spedizione dei Mille, ad alcuni di questi reduci, per meriti di guerra, come vedremo, vennero regalati, a suo tempo, da cattedratici compiacenti con disponibilità e irrisoria facilità, qualificati titoli accademici.

E’ singolare e significativo a proposito quanto avvenne, ad esempio, a Giuseppe Rebuschini, un garibaldino originario di Dongo, studente in ingegneria che, come tanti lombardi, costituiva la colonia “padana” più numerosa al seguito di Garibaldi alla conquista del Sud. Al culmine dell’impresa dei Mille, dopo la battaglia di Capua, il giovane Rebuschini, che allora aveva 21 anni, il 6 ottobre del 1860 così testualmente scriveva ai propri genitori: “Carissimi, sono a darvi una notizia che se non vi farà stare di sasso, sono certo però che vi farà aprire tanto di bocca dalla meraviglia. Per dirla in breve sapete cosa è successo? Da un’ora sono, nientemeno, che dottore in matematica. Ecco che voi vorreste quasi dubitare, ma fortunatamente è proprio così. Sì, o signor Gerolamo, sì, signora Maddalena, il vostro quartogenito, battezzato nella chiesa parrocchiale di Dongo coi bellissimi nomi di Giuseppe Gaspare Ferdinando presentemente aiutante maggiore e diciamolo pure aspirante al gradi di capitano, oggi giorno 6 ottobre 1860, nella Regia Università di Napoli riceve il diploma di Ingegnare-Architetto. Ma come, direte voi, senza attestati, né certificato alcuno? Il come non lo so neppure io. Io so solamente che ieri, colpito da luminosa idea di diventare dottore, in men che non si dica, mi recai all’Università e mi presentai al Rettore. Signor Rettore, dissi io, io ero laureando in matematica. La prima spedizione in Sicilia venne a togliermi dai severi calcoli per gettarmi framezzo alle armi. Ora desidererei assicurarmi quella interrotta carriera e però vorrei prendere la laurea. Fosse la camicia rossa, fosse lo squadrone, fatto sta che il signor Rettore mi fece un bellissimo sorriso e senz’altro domandare di documenti, mi stabilì l’esame a questa mattina alle otto. All’ora stabilita, io fui lì, feci un simulacro di esame ed appena terminata questa lettera, andrò a prendere il diploma, previo beninteso lo sborso di ducati 15 quale tassa di laurea. Così non mi restano che gli esami di pratica per essere un ingegnare in perfetta regola. Vedete bene che, senza contare un centinaio di franchi, sono perlomeno un paio d’anni risparmiati”.

La lettera del giovane Rebuschini è la lampante testimonianza di come con il “fascino” della camicia rossa si potesse ottenere facilmente a buon prezzo un dottorato d’ingegneria. Del resto, da quanto ci è dato di sapere in quei frangenti della spedizione garibaldina, il Rebuschini non fu il solo ad esser beneficato e gratificato con molta generosità e facilità del titolo accademico. Analoga benevola sorte toccò per meriti di guerra e di riconoscimento, come atto dovuto, alle camice rosse agli increduli studenti Giuseppe Peroni, originario di Soresina (Cremona), e al pavese Arturo Termanini, anch’essi nominati ingegneri con analoghe e “spicce” procedure dal Rettore dell’Università di Napoli.

Alla luce da quanto documentalmente provato possiamo parzialmente consolarci per il fatto che il malcostume delle lauree facili e regalate non è un fenomeno esclusivo dei nostri giorni, di cui hanno beneficiato Claudio Regis, Renzo Bossi, Francesco Belsito, Rosi Mauro il suo amico Piero Moscagiuro e tanti altri, ma ha le sue profonde origini e le sue ben salde radici al tempo delle camice rosse, dell’impresa dei Mille e agli albori dell’Unità d’Italia. Purtroppo, dopo 150 anni, nulla è cambiato.

Foto di Renzo Bossi tratta da dirittodicritica.com

Foto in basso a destra tratta da cloudmobile.it

 


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