Piante di aloe, palma washingtonia, melograni, oleandri e cycas. Al posto di erbacce alte al ginocchio, rifiuti e siringhe. E’ il nuovo aspetto di una delle aiuole del viale Fleming, a Catania, create dopo i lavori alla Circonvallazione cittadina, riempite di terra ma mai curate dal Comune etneo. Almeno fino a venerdì mattina, quando a occuparsene sono stati sei giovani cittadini. Quattro membri del forum di analisi sulla città ospitato dal sito Skyscrapercity e i due curatori della pagina Facebook Catania Davide e Luca D’Amico. Armati di guanti e sacchi dell’immondizia, disposti a sacrificare la pulizia delle proprie auto, in qualche ora di duro lavoro hanno ridato vita all’aiuola che si incontra quasi all’altezza della Cittadella universitaria. Pulendo e piantando «tutte specie biocompatibili – racconta Andrea Tartaglia, tra i sei volontari – acquistate di tasca nostra nei vivai locali o portate dalle nostre terrazze». «Abbiamo voluto dare un segnale al Comune di Catania – continua – Sperando che lo colgano».
I volontari, intanto, non mollano. E, forti delle tante adesioni arrivate dopo la pubblicazione delle foto della loro mattinata di guerrilla gardening, intendono tornare periodicamente a curare lo spazio verde. «Ci hanno contattato in molti, contenti di poter partecipare la prossima volta – continua Tartaglia – Perché a Catania non ci sono solo cittadini incivili, ma anche molti interessati al bene pubblico». Tra questi, si spera anche l’amministrazione etnea. A cui i ragazzi hanno chiesto la disponibilità di un camion di terra per poter ripetere l’esperimento anche in altre zone della Circonvallazione. In attesa di una risposta del Comune, «noi intanto ci siamo già sentiti premiati dall’alto – scherza il volontario – Perché quel giorno, dopo aver piantato, ha piovuto un bel po’».
Un buon segno dopo ore passate sotto il sole a pulire l’aiuola «ormai ricettacolo di rifiuti e sterpaglie». Pacchetti di sigarette, lattine, bottiglie di plastica, copriruote per auto hanno riempito diversi sacchi. Ma anche un astuccio per gioielli – senza anello -, un preservativo usato, due siringhe – «ma almeno avevano il tappo» – e una boccetta di metadone. Casi non isolati, come hanno fatto notare gli stessi residenti ai volontari. «Mentre lavoravamo, si è avvicinata una signora per chiederci di pulire anche lì vicino, dietro casa sua – racconta Tartaglia – Pensava fossimo operai del Comune. Poi, quando ha capito, è rimasta piacevolmente colpita». «Prima non c’era nulla da curare – conclude – Adesso serve la manutenzione».
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