Durante l'incontro di ieri sono intervenuti il procuratore Carmelo Zuccaro, la prefetta Maria Carmela Librizzi, il presidente del tribunale dei minori Roberto Di Bella e la commissaria antiracket nazionale Giovanna Cagliostro. Guarda il video e le foto
I 30 anni di impegno di Asaec, l’associazione antiestorsione «Denunciare il racket deve diventare pratica quotidiana»
«Un compleanno importante che abbiamo voluto festeggiare attraverso la presenza e le
voci di molti dei protagonisti di questi trent’anni
, con l’obiettivo di coinvolgere la
sensibilizzare la comunità affinché
la denuncia diventi pratica quotidiana». Così Nicola
Grassi
, il presidente di Asaec (Associazione antiestorsione di Catania) ha aperto l’incontro dal titolo Asaec: trent’anni di antiracket a Catania. L’impegno continua che si è tenuto
ieri pomeriggio nell’auditorium De Carlo del Monastero dei Benedettini.
E proprio sulla questione delle denunce si è soffermato il procuratore della Repubblica di
Catania
Carmelo Zuccaro che ha dato il quadro della situazione dei procedimenti avviati
per
estorsione e usura negli ultimi anni. Per i reati estorsivi, si è passati dai 319 del 2019
ai 240 del 2020 fino ai 189 del 2021. «E non sempre è facile dimostrare la matrice – ha
aggiunto – per questo,
meno di un terzo ha l’aggravante del metodo mafioso». In netto
calo anche i procedimenti di usura: dai 42 del 2016, si è passati a 20 nel 2020 e 17 nel
2021.
Una diminuzione che però non corrisponde a una minore incidenza del
fenomeno
. «Per le organizzazioni criminali più strutturate le estorsioni sono al terzo posto,
dopo il traffico di droga e gli appalti – ha spiegato il procuratore – Per organizzazioni meno
strutturate, invece,
sono il business principale insieme allo spaccio».
E i procedimenti
sono più delle denunce. «Quello che abbiamo notato è che
troppo spesso le vittime
preferiscono subire un processo per falsa testimonianza piuttosto che collaborare
».
Poche istanze, poche denunce, pochi accessi al fondo per le vittime. A dare conferma
dell’andamento discendente è stata anche la commissaria nazionale antiracket
Giovanna Cagliostro. «Qualcosa non funziona: nell’ultimo anno abbiamo elargito quasi
20 milioni di euro
ma non siamo soddisfatti». Al punto che all’Università Bocconi di
Milano è stata commissionata una ricerca che potesse spiegar
e i numeri così esigui di
richieste di accesso al fondo
: in Sicilia per le estorsioni sono state 55 nel 2019, 28 nel
2020 e 32 nei 2021. «Dalla ricerca sono emerse diverse criticità: la
poca conoscenza
degli strumenti
a disposizione da parte delle vittime, le lungaggini burocratiche e anche
una
scarsa fiducia nelle istituzioni», ha riferito Cagliostro. La commissaria ha anche
accennato al
Progetto step: «Una piattaforma per ridurre i tempi della burocrazia
e mettere in relazione i vari protagonisti».
Sui numeri ancora troppo bassi di denunce da parte degli imprenditori vittime di usura ed
estorsione è tornata anche la prefetta
Maria Carmela Librizzi. «La lotta alle estorsioni ha
fatto dei passi avanti importanti ma, nonostante abbiamo elargito circa
un milione di euro
di fondi, le denunce sono ancora poche
. Per contrastare il fenomeno – ha suggerito
Librizzi – bisogna che
l’antimafia dei fatti torni a riunirsi». Associazioni, scuole, tutta la
società civile devono contribuire a risvegliare le coscienze, mentre le istituzioni devono
impegnarsi in una collaborazione più sinergica. A spiegare quanto questi fenomeni impattino anche nelle vite dei più giovani è stato
il presidente del tribunale dei minorenni
Roberto Di Bella
partendo dall’importanza del progetto Liberi di scegliere. Nato in
Calabria nel 2012, adesso è stato adottato anche a Catania. «Là avevo giudicato
prima i
padri e poi i figli per gli stessi reati
– ha raccontato Di Bella – Quando sono arrivato a
Catania nel settembre del 2020 ho notato che anche qui
la cultura criminale si tramanda
e che gestire la questione solo dal punto di vista penale non è sufficiente». Si deve tentare
di anticipare anche arrivando ad
allontanare i ragazzi dai nuclei familiari per permettere
loro di affrancarsi dalla cultura e dal contesto criminale. «
Diversi figli di boss mafiosi
sono già stati portati via da Catania
e, proprio nei giorni scorsi – ha detto il presidente – una madre ha scelto di andare via con i propri figli».
Al termine dell’incontro ci sono stati gli interventi del presidente di CittàInsieme Salvatore
Resca, dell’ex preside dell’istituto Parini Giuseppe Adernò, della docente di Storia e
Filosofia del liceo Nicola Spedalieri
Adriana Cantaro e della presidente del Cna di
Catania
Floriana Franceschini.