Hiv, ogni anno più di mille donne contagiate Parte la campagna di sensibilizzazione Lila

Chiara ha 20 anni, è una studentessa ed è sieropositiva. Il ragazzo con cui è andata a letto, il primo, non sapeva di avere l’Aids. Come lei, ogni anno in Italia, lo scoprono più di mille donne: un terzo delle quattromila nuove infezioni nel Paese. Casi ormai lontani dallo stereotipo che vuole il sieropositivo o malato di Aids – due stati diversi, ma ancora spesso confusi – tossicodipendente od omosessuale. «Una convinzione dura a scomparire e per cui le donne si sentono spesso al riparo dal contagio, ma non è vero», spiega Alessandra Cerioli, presidente nazionale della lega italiana per la lotta contro l’Aids (Lila). A smentire il luogo comune ci pensano i dati. Per prevenire, invece, la Lila ha appena lanciato la sua nuova campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi Donna – prevenzione al femminile. A cui aderisce anche CTzen con il banner che trovate in alto a destra sulla homepage del sito.

Dal 1981, primo caso di contagio in Italia, sono cambiate molte cose. «In Paesi a bassa prevalenza di Hiv come il nostro, è normale che il virus all’inizio si propagasse in circoli ristretti, come quelli in cui si fa uso di droghe o negli ambienti gay – spiega Cerioli – Ma, pian piano che il fenomeno si espande, ci aspettavamo un incremento femminile». In dieci anni, dal 1998 al 2009, infatti, le infezioni da rapporti sessuali sono salite dal 13 a 79 per cento. «Complice il fatto che l’Italia è ancora all’ultimo posto in Europa per l’uso del condom e che si sconosce il profilattico femminile», sottolineano dalla Lila. Quasi la metà – il 45 per cento – dei contagi per via sessuale si riferisce a rapporti eterosessuali. «Categoria che spesso si ritiene lontana da questa possibilità e poco informata», commenta Fabio Campisi, volontario della sezione Lila Catania e coordinatore nazionale. Ma, tra i due partner, ad essere più vulnerabili sono soprattutto le donne. Per questioni biologiche – maggiore possibilità di microferite all’organo sessuale e un ambiente umido e scuro preferito dal virus – ma ancora e prima di tutto culturali.

Innanzitutto «la minore capacità contrattuale delle donne nella scelta dell’usare il profilattico», continua Campisi. Per paura di non compiacere il partner e di sembrare troppo o troppo poco disinibite. Ma non solo. «Molte pensano che avere una relazione stabile basti per sentirsi sicure e non usare il condom. «E invece contraggono il virus dal proprio partner che ha rapporti non protetti al di fuori della coppia». Storie di donne sempre più comuni, che nel 50 per cento dei casi scoprono di aver contratto l’infezione quando è già in uno stadio avanzato. «Un terzo delle donne sieropositive che ha avuto dei figli ha scoperto dell’Hiv con gli esami prescritti al terzo mese di gravidanza», racconta la presidentessa Lila. Che avverte: «Allarmarsi o iniziare a guardare il proprio partner con sospetto non è comunque la soluzione giusta». Meglio informarsi insieme, discuterne e fare un patto. Di coppia.

Il contesto è più o meno questo: un uomo e una donna si incontrano, si piacciono e fanno sesso. All’inizio con il preservativo, perché non si conosco. Poi, dopo un tempo variabile, iniziano a fare coppia fissa e pensano di smettere di usare il condom. «I due dovrebbero innanzitutto decidere insieme di fare il test e poi stipulare un patto interno alla coppia. Una cosa del tipo: “Amore, sono certa che staremo insieme per tutta la vita – sdrammatizza la presidentessa – Se vai con un’altra ti ammazzo ma, se proprio ci devi andare, almeno fai sesso sicuro». Il resto possono farlo solo la fiducia e il senso di responsabilità dei partner. Ancora oggi, infatti, il 25 per cento dei malati inconsapevoli di Aids provoca tre quarti delle nuove infezioni.

Per sensibilizzare, informare e raccogliere i fondi necessari per continuare a farlo la Lila ha lanciato la sua campagna. Da oggi fino al 3 novembre è possibile donare due euro per finanziare linee telefoniche dedicate, sportelli di ascolto nelle sedi locali, produzione e diffusione di materiali informativi con un sms o telefonando da rete fissa al numero 45508. Dopo questa settimana, sarà comunque possibile continuare a contribuire attraverso il sito internet dell’associazione. Come dice Elena Di Cioccio, inviata del programma televisivo Le Iene e testimonial della campagna: «Fallo per tua figlia e per tutte le donne».

Claudia Campese

Giornalista Professionista dal 2011.

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