Gli Usa tra l’elefante e il ‘padre premuroso’

“Non pensare all’elefante” è un libro che parla di politica. Chiariamo un dubbio che probabilmente vi sarà balzato in testa: cosa c’entra un elefante con la politica? Beh, con quella italiana niente di particolare ma negli States rappresenta il partito repubblicano, come molti di voi sapranno.

Con una prefazione di Ferruccio de Bortoli nell’edizione italiana, il saggio di George Lakoff pone subito al centro le questioni fondamentali del dibattito politico interno al centrosinistra sia americano che italiano: perché la spocchia del partito democratico a stelle e strisce non ha saputo conquistare l’elettorato nelle elezioni americane del 2000 e poi del 2004? Cosa c’è di sbagliato in quel supposto senso di superiorità dei valori progressisti? Cosa fare per risolvere questi problemi e risultare competitivi nelle battaglie elettorali?

A questi temi, a cui viene dato come sfondo il concetto di “frame” (ovvero di cornice, quadro di riferimento, che può essere costituito da una serie di immagini o di conoscenze di altro tipo), Lakoff si approccia con una divisione netta tra i concetti di “padre severo” e “padre premuroso”: dove il primo identifica i conservatori, caratterizzato dalla protezione della famiglia in un mondo pieno di pericoli e dall’insegnamento ai propri figli nel distinguere tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato; mentre il secondo riporta ai progressisti che vedono la giusta educazione verso i propri figli nei valori della libertà, del benessere, della comunicazione reciproca e di un vivace rapporto con la comunità d’appartenenza.

Un simpatico esempio in tal senso è dato dalla visione di John Wayne o dei film d’azione americani visti come “severi” e la serie televisiva della famiglia Robinson vista come “premurosa”.

Adesso vi chiederete: “Ma perché non bisogna pensare all’elefante?”. Possiamo tradurlo in “Non usate mai il linguaggio dell’avversario”. Un esempio su tutti è quello degli “sgravi fiscali”. Quando Bush entrò alla Casa Bianca fece subito circolare questa espressione amplificata dai media e che venne percepita dalla popolazione come una metafora del sollievo nei confronti dell’afflizione “tasse”. L’errore dei democratici fu quello di seguire la strada di Bush e parlare di “sgravio” anche in Senato durante la fase d’approvazione del piano facendosi attirare nella concezione del mondo repubblicana.

Il saggio di Lakoff passa in rassegna vari casi interessanti come quello relativo alle elezioni governative della California che hanno proclamato la vittoria di Arnold “Terminator” Schwarzenegger, ai vari significati che può adottare il termine “matrimonio” secondo le due concezioni di “padre” e la gestione da parte del Governo Bush degli attentati terroristici alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001 e della guerra in Iraq.

Tuttavia, il linguista di Berkeley fa notare come le due concezioni di “padre” siano presenti in entrambi gli elettorati e che in base al contesto in cui ci si trova possa emergere uno o l’altro aspetto. Il libro si conclude con una serie di accorgimenti su come rispondere ai conservatori che si possono riassumere in quattro punti fondamentali: mostrare rispetto, rispondere riformulando i “frame”, pensare e parlare sempre a livello di valori e dire solo cose in cui si crede. E ammettere che i conservatori sono stati finora più bravi nel comunicare i propri valori.

Comunicare insomma è arte complessa. Come ricorda l’aneddoto storico citato da Lakoff :durante lo scandalo Watergate, quando c’erano forti pressioni perché si dimettesse, Nixon parlò al paese in televisione. Si presentò davanti alla nazione e disse: “Non sono un imbroglione”. E tutti pensarono che era un imbroglione. Insomma, roba d’altri tempi…


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