Giulia Argiroffi al contrattacco dopo l’espulsione dal M5s La faida non è in Consiglio: «Mi hanno isolata per mesi»

Giulia Argiroffi non ci sta. Dopo l’espulsione dal Movimento cinque stelle e il passaggio al gruppo misto in sala delle Lapidi, la consigliera promette battaglia e fa ricorso al collegio di garanzia pentastellato contro una decisione che reputa «ingiusta» a cinque giorni dalla notifica della decisione dei probi viri, tempo massimo consentito per appellarsi. «Le motivazioni dell’espulsione – commenta Argiroffi – sono piuttosto vaghe, mi si contesta il fatto di non aver cooperato con il gruppo. Questo è falso. Ho prodotto e presentato una memoria di oltre 50 pagine con tutta la mia attività da consigliera del Movimento cinque stelle che prova quanto siano infondate le accuse». 

«Non ho mai fatto niente che non fosse stato discusso e valutato con i portavoce – continua la consigliera – a eccezione di due sole votazioni in commissione, dove però era richiesta celerità. In ogni mia decisione o presa di posizione c’è comunque stata partecipazione, tanto con gli organi provinciali che con quelli cittadini e anche con le circoscrizioni, quando si è trattato di temi particolarmente territoriali. Sono stata l’unica ad agire sempre in questo modo. Per me possono parlare le persone che hanno lavorato con me, anzi con cui io ho lavorato». L’architetta contesta il disegno politico alla base della decisione dei probi viri, che non avrebbe a suo dire tenuto conto degli atti prodotti in sua difesa e passa al contrattacco, ponendo l’accento anche sulle recenti parole del vicepremier Luigi Di Maio, che in una recente intervista ha parlato di una faida interna che a Palermo blocca i lavori del gruppo consiliare. Una faida che, sempre secondo il numero uno pentastellato, si sarebbe risolta mettendo alla porta qualcuno dei protagonisti.

Parole che non hanno lasciato indifferente Giulia Argiroffi, che le reputa «gravissime. Un’indicazione ben precisa. La sensazione è quella che si voglia influenzare la decisione del collegio di garanzia che, come dice il nome stesso, è chiamato a garantire gli iscritti e i portavoce». E sulla presunta faida interna a palazzo delle Aquile: «È sbagliato parlare di faida con gli altri componenti del gruppo consiliare, ci sono state solo delle normalissime differenze di vedute, niente che non si potesse risolvere con il confronto».

Di contro la consigliera denuncia anche un colpevole raffreddamento nei rapporti con certe aree apicali del Movimento siciliano, con «portavoce che da mesi non rispondono neanche al telefono, che quando li incontri di persona fanno finta di niente. Con me è stato usato il metodo dell’isolamento, che una volta era tipico della cultura mafiosa. Hanno fatto di tutto per farmi lasciare il Movimento, ma questa sarebbe stata un’ingiustizia, e io non mi fermo di fronte alle ingiustizie, non l’ho mai fatto». E ancora sull’espulsione: «Mi si contesta di aver dato man forte ad altre correnti politiche per la questione di villa Deliella – storico cavallo di battaglia di Argiroffi in tandem con un altro pentastellato: Danilo Maniscalco, anche lui architetto Ndr – quando basta fare una ricerca su Google per vedere quante volte spunti in merito all’argomento il mio nome. Sono anni che porto avanti questa battaglia, quindi forse sono gli altri che hanno seguito il mio modo di vedere le cose, non il contrario. E anche se così non fosse, sta nella storia del Movimento la possibilità di appoggiare anche idee di altre anime politiche se ritenute giuste, non avrei fatto in ogni caso niente di sbagliato».

L’immediato futuro tanto per Giulia Argiroffi quanto per l’altro espulso, Ugo Forello, si chiama gruppo misto, in attesa del pronunciamento dell’organo di garanzia del M5S. «Quando arriverà l’esito – conclude la consigliera – deciderò cosa fare. Potrei rientrare, qualora ci fossero le condizioni, ne gruppo, rimanere nel misto o anche lasciare il Consiglio».  


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