Genovese, neodeputato non risponde ai magistrati Resta accusato coi familiari di riciclaggio milionario

Oggi al Tribunale di Messina, davanti al procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e ai sostituti Fabrizio Monaco e Antonio Carchietti, si sono presentati il neo deputato regionale di Forza Italia Luigi Genovese, la zia Rosalia e il figlio di quest’ultima Marco Lampuri. Tutti e tre assistiti dall’avvocato Nino Favazzo si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. «Abbiamo bisogno di vedere più approfonditamente quali sono gli elementi di accusa e lo vedremo nei prossimi giorni», ha spiegato il legale della famiglia ai giornalisti presenti fuori da palazzo Piacentini. Le accuse contestate nel provvedimento del gip Salvatore Mastroeni ai sette indagati complessivi sono a vario titolo sottrazione fraudolenta di beni al pagamento delle imposte, riciclaggio ed autoriciclaggio. Tra gli indagati anche Francantonio Genovese, la moglie Chiara Schirò, il cognato ed ex parlamentare regionale di FI Franco Rinaldi e la moglie Elena Schirò. Indagata anche la società attraverso la quale sarebbe stato realizzato tutto, la L&A Group srl (ex Ge. Fin. srl). 

Poche ore dopo l’interrogatorio di garanzia, Genovese ha affidato a un lungo comunicato stampa i propri pensieri. «Non sono stati certo giorni semplici, questi ultimi. Ho letto più volte le 179 pagine che mi sono state consegnate la mattina del 23 novembre – si legge -. Pagine che mi vedono al centro di un’indagine preliminare che è arrivata in un momento fondamentale della mia vita, a poco più di due settimane dall’esito del voto che mi ha consegnato l’onere e l’onore di dover rappresentare la mia città e la mia provincia all’interno dell’Assemblea regionale siciliana». Il rampollo di casa Genovese ribadisce il suo «profondo rispetto nei confronti della magistratura. Un rispetto non di circostanza o retorico, ma granitico e sincero, di chi fa della giustizia un caposaldo della propria vita». Fa poi un appunto a quello che definisce il tritacarne mediatico chiedendo attenzione all’utilizzo della parole «perché c’è una differenza netta tra un indagato e un imputato, o tra un imputato e un condannato, o tra una sentenza di primo grado e una condanna definitiva». 

Entrando nel merito del provvedimento sottolinea come leggendo le pagine dell’ordinanza abbia «maturato la piena consapevolezza della mia assoluta estraneità rispetto all’interpretazione data alle vicende trattate dai magistrati e dal giudice per le indagini preliminari. Con serenità – continua Genovese – ritengo che non siano state valutate a dovere alcune situazioni, per cui sono certo che il seguito dello sviluppo istruttorio chiarirà ogni aspetto e mi restituirà la piena onorabilità». La scelta di non rispondere davanti ai magistrati spiega che ha «ritenuto più utile affidare gli argomenti a mia difesa a uno scritto che sarà, quanto prima, depositato con i necessari documenti a sostegno». Amareggiato per i tempi lunghi della giustizia. che è certo però chiariranno tutto, rivolge infine a se stesso, alla Sicilia e all’Italia un solo augurio che «quando questa vicenda verrà definitivamente chiusa rivelandosi infondata, il mio caso possa essere oggetto di una profonda riflessione, che vada oltre la dimensione politica e sia da stimolo per l’opinione pubblica».


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