Gela, la verità sul petrolchimico killer in un libro inchiesta: “L’ ho scritto nel nome di mio padre e di tutte le vittime”

Mentre tutti commentano le elezioni, abbiamo voluto passare un’ora in compagnia di un uomo straordinario Daniele Esposito Paternò. Il tempo passa in fretta parlando con lui, della triste storia della sua famiglia che si intreccia con quella della città di Gela distrutta dall’industrializzazione selvaggia che ha provocato disastri ambientali e tumori. Anche suo padre è una vittima di questa follia. Un cancro lo ha stroncato, e con lui tanti colleghi, dopo avere passato anni a lavorare nell’impianto di clorosoda, dove  gli operai respiravano e maneggiavano veleni come il mercurio.  E, al padre ha dedicato un libro: “Grande storia di un piccolo uomo” (acquistabile a 4.99 euro on line).

 

Un libro che non è solo autobiografico. All’intensità della storia personale si intreccia  una inchiesta su quelle verità che si vogliono tenere nascoste. Un messaggio a tutte le vittime affinché  non nascondono il loro dramma e non abbiano paura di  combattere perché giustizia sia fatta.
Chi è Daniele Esposito Paternò?
Sono un giovane disoccupato dal 31 Ottobre 2011, ho sempre lavorato all’estero con le cosidette “fermate”. Li chiamano così i lavori ultra precari, mi sposto dove c’è bisogno della mia competenza per il tempo che serve alle aziende e poi vengo licenziato, per essere riassunto nuovamente ad ogni incarico. Ho lavorato in Belgio per 2 anni circa, in Francia 6 mesi e poi molto al Nord Italia, ma la mia vita non sono sempre stato un’operaio. Ho avuto una grande chance di diventare ciclista professionista nel 2003 con il team Pragma e poi ho dovuto mollare tutto, per dare man forte alla mia famiglia che aveva bisogno di aiuto economico.
Cosa è successo poi?
Nel 2006 mio Padre si lamenta di un dolore alla spalla e gli esami successivi confermano che si tratta di un tumore al polmone. Mio padre lavorava in un settore del petrolchimico “clorosoda-dicloretano” meglio conosciuto tra i lavoratori del petrolchimico con il nome di “reparto della morte”,  Nel 2006 tra gli ex lavoratori si contavano ben 8 morti ad oggi saranno circa 15.
Cosa si faceva nel reparto “clorosoda”? E’ stata accertata la responsabilità dell’azienda?
Io non sapevo nulla, ma dopo la morte di mio padre ho cercato di contattare il figlio di un’altra vittima del reparto, morto 6 mesi prima ed insieme abbiamo costituito “il Comitato spontaneo lavoratori clorosoda Gela” ed abbiamo iniziato a raccogliere prove e testimonianza di ex lavoratori. All’interno del reparto vi era una esposizione di sostanze chimiche come il mercurio che si teneva nelle celle, tutte le cellule perdevano e il mercurio oltre a doverlo toccare con le mani perché veniva preso col mestolo e mandato in un barilotto, veniva pure respirato perché il mercurio è una sostanza chimica che evapora a temperatura ambiente. Poi erano soggetti alle inalazioni di cloroetano che è una delle sostanze basi per fare il cloruro di vinile, una delle sostanze più cancerogene che esistono, erano esposte all’inalazione di acidi forti quali l’acido cloridrico, c’erano l’idrogeno solforato, c’era l’amianto e tante altre sostanze.
La mia famiglia ha deciso di fare causa alla Symbial che è stata l’ultima società a prelevare il clorosodio e contro l’Inail per il riconoscimento delle malattie professionali, contenzioso ancora aperto con Symbial in attesa della pronucia della Cassazione, mentre l’Inail ha riconosciuto la malattia professionale di mio padre.
 Ed oggi hai scritto nche un libro sulla storia di tuo padre e del reparto, perché? Qual è l’obiettivo che ti proponi?
Più si dice la verità e meno la si può nascondere, questo è senza dubbio l’obiettivo. E poi voglio dare un esempio ai miei concittadini, se vogliamo che qualcosa cambi dobbiamo muoverci ed esporci anche rischiando del proprio per rivendicare i nostri diritti. L’industrializzazione senza regole, noncurante delle minime norme di sicurezza ha distrutto la nostra Città, i suoi paesaggi, il mare ed ha sfasciato le nostre famiglie… e pure continiamo a difendere il mostro. Nella copertina del mio libro ”Grande Storia di un Piccolo Uomo” http://www.grandestoriadiunpiccolouomo.it/ ho voluto cercare di dare questo messaggio, ho inserito una maschera con i colori delle ciminiere dell’Eni, le tipiche strisce bianche e rosse, per rappresentare l’ipocrisia con cui il Polo Petrolchimico si è mostrato nei confronti della Città e dei Gelesi. La maschera verso i cittadini del buon padre di famiglia che offre lavoro e sviluppo alla collettività che realizzava le opere del dopo-lavoro (campi da tennis, da calcetto nell’esclusivo quartiere di macchitella) e poi invece dietro quella maschera di ipocrisia si nascondeva il peggior nemico dei lavoratori e dei cittadini gelesi, irrispettoso non solo delle norme ma della dignità umana.

 Tu sei anche un’attivista del M5S, adesso ci saranno 15 deputati all’Ars.

 Dico   solo che stiamo facendo molto bene e il nostro messaggio è arrivato alla gente stanca della vecchia politica.

Eugenio Catania

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