Nel 2005 l'allora sindaco Rosario Crocetta si vantava: «Siamo il Comune più videosorvegliato d'Italia». Oggi il 90% degli impianti non funziona. «Vanno sostituiti e non manutenzionati», secondo l'assessore competente. Ma la responsabilità è del ministero dell'Interno. Incendio delle auto è il reato più diffuso
Gela, città videosorvegliata ma per finta Solo il 10% delle telecamere sono attive
Per chi arriva da Catania o da Ragusa il cartello all’ingresso della città recita «Gela, città videosorvegliata». Poi ciascuno lo interpreta come vuole, a seconda della propria sensibilità: sarà contento chi dipende dalla percezione di sicurezza, meno chi la giudica una misura di controllo. Sappiano però, entrambe le parti, che quel messaggio è falso. Lo si è appreso a uno degli ultimi consigli comunali, convocato proprio sul tema della sicurezza urbana. «Il 90 per cento delle telecamere risalenti al progetto Gela Città Futura non sono funzionanti – ha affermato l’assessore alla Gestione e Sviluppo dei servizi urbani Nuccio Di Paola – . Solo il dieci per cento è attualmente in uso. I dati ci sono stati forniti dalla prefettura di Caltanissetta». Nella nota citata dall’assessore si apprende poi che «il sistema necessita di intervento di manutenzione straordinaria a cominciare dai cinque server che oggi risultano essere obsoleti e superati».
Il progetto Gela Città Futura nasce nel 2005, fortemente voluto dall’allora sindaco Rosario Crocetta. A più riprese l’ex primo cittadino si vantava del primato: «Gela è la città più videosorvegliata d’Italia». La legalità e il contrasto alla criminalità organizzata sono stati sempre temi prediletti dall’attuale presidente della Regione. Telecamere ovunque, quindi, per prevenire soprattutto un reato odioso e ancora oggi diffuso in città: l’incendio delle auto, metodo utilizzato soprattutto dalla micro-criminalità. Un fenomeno di certo attenuato rispetto a qualche anno fa, quando i roghi erano quotidiani, ma che non si è riuscito del tutto ad arginare. Telecamere ovunque fu la soluzione, solo che quelle pubbliche quasi mai riuscivano a individuare i colpevoli.
Al netto dei cartelli Gela dunque non è una città videosorvegliata. «Quelle telecamere – ha chiosato Pietro Lorefice, assessore al Controllo del territorio – vanno sostituite, non certo manutenzionate». Per poi fornire una serie di dati sulla polizia municipale che dovrebbe vigilare sul territorio. «La pianta organica teorica indica 246 agenti – ha spiegato Lorefice – Le unità operative invece sono 76. L’età media per gli agenti è di 52 anni, che sale a 56 per gli ufficiali. Abbiamo vincoli normativi che ci impediscono di fare bandi ad hoc per la carenza di organico. Stiamo valutando di attribuire ai dipendenti comunali mansioni superiori. Ma quella di agente di polizia municipale non può certo essere imposta, bisogna sentirla».
E le mani legate l’amministrazione le ha indicate anche per le telecamere pubbliche di crocettiana memoria. Concetto rinforzato anche dal capogruppo Pd Giuseppe Ventura, ex assessore nella precedente giunta: «Sulle telecamere per la città videosorvegliata la responsabilità è del ministero degli Interni. Voglio comunque ricordare che ogni anno la precedente amministrazione ha previsto un capitolato di 40mila euro per la sistemazione delle telecamere». Laconica la risposta dell’attuale assessore: «Verificherò l’utilizzo di questi soldi».