Formazione, integrazioni legittime. Parola della Corte di Cassazione

L’integrazione al finanziamento, se destinata al pagamento degli arretrati contrattuali, è legittima. A stabilirlo è stata la Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, con sentenza n.16861 del 21 giugno 2011. Sembra destinata così a sgonfiarsi la vicenda giudiziaria che ha spinto la Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti a condannare, con sentenza n.1219 del 29 ottobre 2012, l’ex assessore alla Formazione professionale, Mario Centorrino, e l’allora dirigente generale al ramo, Gesualdo Campo, al pagamento del 70 per cento dell’importo complessivo di 1.481.968,84 euro, configurandone la responsabilità amministrativa (danno erariale).

Riprendiamo la vicenda, già trattata dal nostro giornale lo scorso 9 febbraio, per approfondire i contenuti della sentenza. La Suprema Corte, dicevamo, ha rigettato il ricorso dell’assessorato regionale per l’Istruzione e la Formazione professionale; confermando, quindi, la decisione della Corte di Appello di Caltanissetta, assunta con sentenza n.129 del 24 marzo 2010, in favore dell’Ente di formazione Ecap di Caltanissetta, riconoscendone l’integrazione al finanziamento. (a sinistra, foto tratta da gazzettadellavoro.com)

Per la verità, il nostro giornale aveva già avanzato dubbi legittimi sul polverone alzatosi lo scorso 25 gennaio con gli atti di messa in mora notificati dal dirigente generale del dipartimento Istruzione e Formazione professionale a 35 Enti formativi. Un atto con il quale la Regione chiede la restituzione delle integrazioni. Un gesto non molto comprensibile, alla luce degli orientamenti giurisprudenziali consolidatisi nel frattempo. Anche sulle condanne della Corte dei Conti, qualcosa non ci ha convinto. Adesso la Giurisprudenza ha chiarito il contenzioso, riconoscendo come legittima l’integrazione di finanziamenti a favore di vari Enti di formazione professionale, già disposta dall’amministrazione regionale, in relazione al Piano regionale dell’offerta formativa (Prof) dell’anno 2007. Vediamo, adesso, di provare ad approfondire gli effetti innovativi della decisione adottata dalla Corte di Cassazione.

Materia del contendere, il riconoscimento degli arretrati contrattuali dal 1998 al 2003 in favore dei dipendenti dell’Ente di formazione Ecap di Caltanissetta. Diversi i profili giuridici toccati dai giudici sia del primo che del secondo grado di giudizio. Tutto parte dal ricorso presentato al Giudice del Lavoro, presso il Tribunale ordinario di Caltanissetta (primo grado di giudizio), da un gruppo di dipendenti dell’Ente Ecap e finalizzato all’ottenimento del credito vantato a titolo di arretrati contrattuali.

Citato in giudizio, l’Ente formativo nisseno ha chiamato in garanzia l’assessorato regionale per l’Istruzione e la Formazione professionale in quanto unico soggetto obbligato al pagamento degli arretrati contrattuali. Ciò trova fondamento proprio nella natura della convenzione tra la Regione siciliana e l’Ente di formazione Ecap, come chiarito dalla Suprema Corte. “Lo svolgimento dell’attività di formazione professionale con l’utilizzo di fondi pubblici costituisce, senza dubbio, una concessione di pubblico servizio”.

Ciò significa che, nella fase successiva all’emanazione del provvedimento di concessione del finanziamento da parte dell’amministrazione regionale matura, in capo all’Ente di formazione Ecap, il diritto (soggettivo) alla concreta erogazione delle somme di denaro disposte con la sovvenzione e alla conservazione degli importi a tale titolo già riscossi. Il Giudice del Lavoro, decidendo sulla controversia – ai sensi dell’articolo 281 del Codice di procedura civile – ha accolto il ricorso presentato dai lavoratori, condannando l’Ecap al pagamento di quanto dovuto per arretrati contrattuali.

Con la stessa sentenza, l’Organo giudicante di primo grado ha condannato l’assessorato regionale Istruzione e Formazione professionale a rifondere al predetto Ente di formazione professionale la somma in questione. La pronuncia della Sezione Lavoro del Tribunale ordinario di Caltanissetta si è uniformata alla consolidata giurisprudenza di merito (Tribunale di Palermo sentenza n.2443/2004, Tribunale di Caltanissetta sentenze n.1844/2007 e n.1894/2007).

Del resto, il diritto dei lavoratori alla percezione dell’importo delle differenze salariali, maturate per effetto degli accordi sottoscritti dai firmatari del Contratto collettivo di lavoro di categoria del periodo dal 1998 al 2003, è previsto espressamente in sede di intesa raggiunta tra assessorato regionale Istruzione e Formazione professionale e le organizzazioni sindacali.

Dal dispositivo della sentenza risulta, con assoluta chiarezza, che il diritto in capo ai lavoratori richiedenti non può essere escluso per il sol fatto che l’amministrazione regionale non abbia messo a disposizione dell’Ecap le somme necessarie. E siccome l’Ente formativo non ha potuto adempiere al pagamento degli arretrati contrattuali ai propri dipendenti, in ragione della mancata percezione dei finanziamenti regionali che costituiscono l’unica risorsa con la quale gli Enti formativi provvedono alle retribuzioni dei propri dipendenti, è l’assessorato al ramo condannato a rifondere l’Ecap in relazione all’intero importo.

Che dire del dipartimento regionale della Formazione professionale della Corte dei Conti alla luce della sentenza emessa dalla Suprema Corte? La Regione siciliana – cioè il dipartimento Formazione – dovrebbe spiegare il perché della emissioni di 35 atti di messa in mora, indirizzati ad altrettanti Enti formativi, contestandone la percezione della detta integrazione. Che non fosse a conoscenza del consolidato orientamento della giurisprudenza? Può darsi! Mentre sulle condanne emesse dalla magistratura contabile attendiamo gli sviluppi.

Il “primariato della norma” è costituito da una sequela di leggi, susseguitesi nel tempo, che hanno rafforzato l’intendimento del Legislatore regionale circa la totale copertura di ogni tipologia di costo sostenuto (retributivo e contributivo) degli Enti formativi in favore del personale dipendente per l’attività formativa svolta come ente strumentale della Regione siciliana. La contestazione avanzata dalla Corte dei Conti in merito a maggiori spese sostenute dagli Enti extra finanziamento si affievolisce se confrontata con la cornice legislativa.

Ribadiamo quanto già riportato in precedenti articoli. L’integrazione trova il suo fondamento – e la sua legittimità – nella legge regionale 24 del 6 marzo 1976. A questa legge sono succedute altre norme sull’argomento, quali la legge regionale 12 del 22 aprile 1987 (legge salva Enipmi – Ente nazionale per l’istruzione professionale nel Mezzogiorno), l’art. 16 comma 4 della legge regionale 27 del 15 maggio1991; l’art 2 comma 1 della legge regionale 25 del 1 settembre 1993; l’art. 2 della legge regionale 31 del 7 maggio 1996; l’art. 17 comma 2 della legge regionale 24 del 26/11/2000; l’art. 39 della legge regionale n. 23 del 23 dicembre 2002; la legge regionale 21 dell’8 novembre 2007. Tutte leggi tese a sancire un principio inequivocabile e non diversamente interpretabile: la garanzia della continuità lavorativa e il riconoscimento del trattamento economico e normativo previsto dal Contratto collettivo di lavoro della categoria. Gli accadimenti del 2008 ne sono la riprova.

Il Contratto collettivo di lavoro della categoria, contenente gli incrementi contrattuali, viene sottoscritto mesi dopo l’approvazione del Piano regionale dell’offerta formativa e del relativo piano finanziario. Al maggiore onere finanziario l’amministrazione regionale ha ottemperato attraverso le “economie di gestione” in attuazione di quanto disposto dalla legge regionale 21 dell’8 novembre 2007. Quindi, senza impegnare maggiori risorse di bilancio. Viene dunque spontaneo chiedersi dove nasca il danno erariale. Se i dirigenti coinvolti nell’iter amministrativo non avessero applicato dette norme, certamente, avrebbero commesso il reato di omissione in atti d’ufficio.

Chi ha operato lo ha fatto nel rispetto della legge, perché l’integrazione al finanziamento è legittima. E’ la politica dell’epoca, in particolare il famigerato trio delle meraviglie LAC (Lombardo, Albert, Centorrino), ad avere creato, secondo il nostro modesto avviso, un grande casino amministrativo. E ad essersi assunta una gravosa responsabilità: provare a chiudere col passato e con la legge regionale n. 24 del 6 marzo 1976 per privatizzare il settore della formazione professionale.

Operazione temeraria e sbagliata, politicamente socialmente. Ma la verità, piano piano, sta venendo a galla.

 


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