«Da quanto emerso, sembra che i presupposti per il rinvio a giudizio ci siano tutti». Ad esserne convinto è Fabio D’Anna, l’ex attivista del M5S sentito ieri mattina dal pm Bernando Petralia. Intenso è stato, in effetti, il via vai di gente dall’ufficio del magistrato, impegnato sino al pomeriggio con i primi interrogatori sul caso delle firme false per la presentazione della lista del Movimento 5 Stelle alle comunali del 2012. Insieme a D’Anna, infatti, viene convocato anche l’ex attivista Giuseppe Marchese, anche lui sentito in quanto persona informata sui fatti. È possibile che quest’ultimo abbia consegnato le e-mail che nei giorni a ridosso della presentazione delle liste si sarebbero scambiati alcuni attivisti, poi eletti alle politiche, e dalle quali si evinceva chiaramente la preoccupazione dovuta al fatto di non aver raggiunto il numero necessario di adesioni. Sui colloqui, tuttavia, vige il silenzio più assoluto. «Quello che io ho sempre dichiarato rimane e vale a prescindere dall’incontro di ieri col pm, non credo che ci siano elementi di novità. Mi hanno chiamato semplicemente a testimoniare quello che probabilmente è già conosciuto», spiega D’Anna a MeridioNews, che racconta il clima disteso durante il confronto col magistrato.
«È stata una discussione abbastanza serena, niente di particolare. Ho soltanto confermato quello che già si sapeva. Immagino che gli inquirenti procederanno con le indagini», precisa l’ex attivista, che conferma la sua volontà di costituirsi parte civile: «Hanno falsificato la mia firma – insiste – Malgrado la descrivano come una stupidaggine o una semplice leggerezza, per me è una cosa piuttosto grave e non voglio che capiti a qualcun altro». E in vista di un ipotetico procedimento penale contro gli indagati del partito pentastellato che saranno rinviati a giudizio annuncia di costituirsi parte civile anche Carmelo Miceli, segretario provinciale del Partito democratico di Palermo, che non risparmia aspre critiche anche a Beppe Grillo, leader del Movimento, reo – a detta di Miceli – di aver tratto anch’esso dei benefici dagli illeciti commessi nel 2012 dagli otto deputati coinvolti nelle indagini.
Indagati verso i quali, tuttavia, D’anna prova un profondo dispiacere, avendo condiviso parte del proprio percorso politico con loro. Dispiacere che però non sposta di una virgola l’atteggiamento dell’uomo, che ieri ha raccontato la sua verità ai magistrati. «In questi anni ho sempre chiesto alle persone che sapevano e che furono testimoni, di andare a denunciare, ma questo non è mai successo – torna a dire l’ex pentastellato – È chiaro che se lo avessi fatto io, che non sono stato testimone diretto di quello che è successo, mi sarei beccato una querela e non avrei avuto alcuna copertura da chi aveva visto. Una mia denuncia all’epoca non avrebbe avuto nessun senso».
A suo dire, inoltre, le colpe dei 5 Stelle non sarebbero solo legate alla vicenda delle firme false. «Loro hanno fatto quadrato e hanno cercato di escludere persone dal loro gruppo. Hanno utilizzato qualunque mezzo per selezionare loro stessi quelli che sarebbero stati poi i vari eletti, le persone da aiutare, hanno fatto una sorta di scrematura e di quadratura che in effetti li ha portati a essere eletti deputati nazionali e regionali, tagliando fuori gente come me che invece aveva tutti i requisiti in regola», dice. E a proposito delle autosospensioni della deputata regionale Claudia La Rocca, l’unica a decidere di parlare spontaneamente con i magistrati, e del deputato portavoce dei 5 Stelle all’Ars Giorgio Ciaccio D’Anna non cede il passo: «Io spero che facciano altrettanto pure tutti gli altri, perché obiettivamente la loro posizione è indifendibile e non capisco perché ancora non trovino il motivo per fare la stessa cosa – aggiunge l’ex attivista – Che il fatto sussista è abbastanza acclarato». Nessun passo indietro neppure nei confronti dei vertici del Movimento, colpevole di «usare due pesi e due misure» e di non predicare trasparenza senza saperla garantire, così come verso i grillini in generale, che insistono a prendere le distanze dagli ex attivisti che stanno collaborando con i magistrati piuttosto che nei confronti degli otto indagati coinvolti nel caso delle firme false.
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