Un carabiniere e un politico di Mazara del Vallo, nel Trapanese, sono finiti agli arresti domiciliari. I due avrebbero tentato di vendere a Fabrizio Corona dei documenti segreti riguardanti le indagini sulla cattura del boss Matteo Messina Denaro, condannato in appello in quanto colpevole di essere stato uno dei mandanti delle stragi di Capaci e via Mariano D’Amelio. Sul carabiniere, Luigi Pirollo, verte l’accusa di accesso abusivo al sistema informatico e violazione del segreto d’ufficio; mentre il complice, il consigliere comunale Giorgio Randazzo, è accusato di ricettazione. Stando alla ricostruzione dei fatti, il carabiniere in servizio al Nor sarebbe riuscito ad accedere a 786 file riservati segnalandoli a Randazzo che, a sua volta, avrebbe contattato Corona tentando di vendergli i documenti segreti. Poi, su indicazione dello stesso fotografo, avrebbe cercato il direttore del quotidiano online Mow Moreno Pisto, proponendogli di acquistare il materiale.
Gli arresti di oggi sono scattati a seguito di approfondimenti proprio a partire dalle intercettazioni a carico di Fabrizio Corona, al quale i carabinieri hanno perquisito la casa di Milano, scoprendo che l’uomo aveva una serie di messaggi audio, proveniente da chat, tra il boss e alcuni pazienti conosciuti in clinica durante la chemioterapia quando, ancora ricercato, usava l’identità del geometra Andrea Bonafede. Lo scorso 2 maggio Corona avrebbe parlato di uno «scoop pazzesco» nelle mani di Pirollo, palesando l’intenzione di voler rivendere il materiale da lui fornito. Il 25 maggio Randazzo e Corona si sarebbero incontrati con il giornalista Pisto, che sarebbe riuscito a copiare i file offerti dal politico. Tuttavia, rendendosi conto che si trattasse di materiale delicato, lo stesso direttore di Mow avrebbe poi deciso di andare dalla polizia di Palermo a raccontare tutta la vicenda. Da qui sono partite le indagini informatiche che sono risalite a Pirollo come autore del furto dei file, grazie alle tracce del suo ingresso nel sistema. Indagini che hanno anche confermato anche come il carabiniere avesse contatti con il consigliere comunale.
A proposito dello «scoop pazzesco» riferito da Corona, tra i file riservati c’era anche un documento del Ros con la programmazione degli obiettivi da perquisire dopo l’arresto di Messina Denaro. Tuttavia, nella versione trafugata dal militare, per un errore di trasmissione non era indicato il covo di vicolo San Vito, a Campobello di Mazara, in cui Messina Denaro ha trascorso l’ultimo periodo di latitanza, intestato al suo alter ego Bonafede. Una circostanza usata dal carabiniere e dal consigliere comunale per mettere in atto un finto giallo con al centro il presunto disegno degli investigatori di ritardare la perquisizione ufficiale della casa e nascondere il materiale scottante.
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