Ergastolo. È questa la condanna che i giudici della Corte d’Assise di Catania hanno deciso per Filippo Asero, il 49enne di Bronte (nel Catanese) accusato di avere ucciso l’ex moglie 46enne Ada Rotini. La donna originaria di Noto (nel Siracusano) ammazzata l’8 settembre del 2021 in strada nel centro alle pendici dell’Etna nella stessa mattina in cui i due avevano appuntamento in Comune per la sentenza di separazione. Madre di due figli e di professione badante, proprio insieme all’anziano che accudiva a Maletto, Rotini era passata da casa di Asero (in via Boscia a Bronte) per prendere alcuni dei suoi effetti personali. Lì, risalita in auto per andare via, la donna è stata uccisa con almeno quaranta coltellate tra collo e arti. Sgozzata dall’uomo che poi si è conficcato un coltello nel petto, probabilmente per tentare il suicidio ma senza riuscirci. Scene che erano state, almeno in parte, riprese dalle telecamere di videosorveglianza installate nella zona.
Stando alla tesi degli inquirenti, il movente del delitto sarebbe stata la scoperta da parte di Asero del ritorno a Maletto della sua ex e la convinzione che dietro questa scelta della donna ci fosse un riavvicinamento con il precedente compagno. Un uomo da cui la vittima in passato aveva avuto anche una figlia. Stando a quanto è poi stato ricostruito nel corso delle indagini del femminicidio con Rotini, Asero avrebbe avuto comportamenti violenti. Tanto che la vittima lo aveva confidato ad alcune persone care. Un matrimonio celebrato nell’estate del 2020 e la volontà di separarsi da parte della donna già manifestata appena qualche mese dopo, a dicembre dello stesso anno. Davanti ai carabinieri, la donna aveva dichiarato di non volere denunciare il marito ma che se fosse andata via di casa non lo si sarebbe potuto considerare un caso di semplice abbandono del tetto coniugale. A questo punto, da parte dell’autorità giudiziaria era stato disposto il trasferimento della donna in una struttura protetta. Un centro da cui la 45enne si era allontanata volontariamente per tornare a casa dei genitori.
Nel 2001 Asero era già stato arrestato per l’omicidio di Sergio Gardani, ritenuto tra gli uomini più vicini al boss di Bronte Francesco Montagno Bozzone. A incastrarlo era stato un minorenne che aveva raccontato di avere sentito dire a uno dei killer di Gardani: «Spara Parracia». Il soprannome con cui era noto Asero in paese. Per questo, l’uomo era già stato condannato in primo grado all’ergastolo. Tempo dopo, però, nell’ambito delle intercettazioni relative a un altro procedimento, emerse che quelle parole erano state un modo utilizzato dai killer per depistare i testimoni. Una circostanza utilizzata dagli avvocati di Asero e che ha portato al proscioglimento dell’uomo in Appello e alla scarcerazione dopo quattro anni.
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