Dopo che l'ufficio Tecnico ha ordinato la rimozione di due installazioni architettoniche all'interno di uno dei sette cortili che ospitano il polo di sperimentazione artistica, i responsabili dell'associazione replicano duramente pubblicando il bollettino pagato al Comune. E promettono di rivolgersi al Tar
Favara, Farm accusata di occupazione suolo pubblico «Abbiamo già pagato, burocrati del Comune ricattano»
Novanta giorni di tempo per rimuovere due installazioni artistiche abusive e una sanzione amministrativa pecuniaria da due a 20mila euro. Sono questi i termini dell’ordinanza emessa dell’ufficio Tecnico del Comune di Favara nei confronti della Farm Cultural park, polo di sperimentazione artistica e una delle attrazioni turistiche e culturali più importanti della provincia di Agrigento legata a un ambizioso progetto di riqualificazione urbana avviato sette anni fa dal notaio Andrea Bartoli e dalla moglie Florinda Saieva. L’accusa per l’associazione è di appropriazione di suolo pubblico.
Tempestiva la risposta dei responsabili della Farm che in un lungo post su Facebook chiariscono la loro posizione e svelano i retroscena della vicenda. «L’associazione – scrivono -, da sempre sostenuta dai suoi fondatori e da pochi privati e imprese, oggi fa grande fatica a portare avanti la propria missione e in mancanza di urgenti soluzioni di sostenibilità rischia di dover cessare la propria attività a brevissimo termine. La chiusura di Farm segnerebbe un danno immediato per l’economia locale. A metà giugno – continuano i responsabili – abbiamo deciso di parlarne al sindaco e ad alcuni assessori che subito hanno mostrato sincero interesse a sostenere la Farm». Il racconto prosegue: «Il governo della città interessa gli uffici tecnici che si mostrano inizialmente disponibili – si legge nel post – si concorda di consentire a Farm Cultural Park, nel rispetto delle regole vigenti, di poter chiedere e ottenere una volta per tutte l’occupazione onerosa di spazi ed aree pubbliche ove risiedono opere d’arte e installazioni e che ospitano continuamente attività culturali».
Con queste premessa, il 28 giugno 2017, l’associazione «presenta denuncia di occupazione generale di spazi e aree pubbliche e, dopo aver quantificato con l’ufficio competente la liquidazione della somma da corrispondere a titolo di occupazione, provvede al pagamento di un bollettino di conto corrente postale di euro 1.437,18 per il primo semestre anticipato di occupazione».
Successivamente, stando al resoconto dell’associazione, «il comando dei vigili urbani, che avrebbe dovuto emettere lo stesso giorno un provvedimento definitivo, al fine di regolamentare nel migliore dei modi ogni dettaglio, propone di svolgere una conferenza di servizi non solo per deliberare e consentire l’occupazione degli spazi ma al tempo stesso chiarire e mettere per iscritto ogni prescrizione di buon senso che potesse consentire l’adeguata fruizione dei sette cortili da turisti e visitatori, oltre che ovviamente da residenti, proprietari immobiliari ed esercenti di attività commerciali».
Nonostante il procedimento amministrativo in corso e il pagamento di sei mesi anticipati di occupazione di suolo pubblico, il 6 luglio dietro denuncia di un residente «che ha dovuto aspettare 15 minuti per uscire da un garage all’interno dei sette cortili» avviene l’incredibile. «La squadra di vigilanza edilizia di Favara – prosegue la Farm – rileva due occupazioni abusive, rispettivamente Equi-latera e Butterfly Home, piccole opere architettoniche temporanee in legno, rimovibili in meno di una giornata lavorativa».
Per le due strutture, Baroli e Saieva dichiarano e mostrano attraverso la pubblicazione dei documenti di aver sollecitato in tempo il Comune per l’autorizzazione. «Il 10 aprile richiediamo al Comune di Favara un nulla osta per l’installazione temporanea di un piccolo padiglione, fuori terra, denominato Equi-latera – spiegano -. Accompagniamo alla richiesta di nulla osta il progetto esecutivo. Lo stesso iter si ripete il 10 maggio prima di installare Butterfly Home».
Intanto, il responsabile dell’ufficio Tecnico comunale non sente ragioni e ordina all’associazione culturale il ripristino dei luoghi «provvedendo alla dismissione delle opere».
L’associazione, tuttavia, non ha intenzione di lasciarsi intimorire: «La dovete finire di tenere le persone sotto ricatto; di concedere il dovuto come se fosse un favore, di giocare con le persone a ping-pong come se non valessero nulla, di farvi belli quando fate il vostro dovere. Cari certi burocrati i tempi sono cambiati», è l’attacco alla burocrazia dell’ente locale. E annunciano di essere pronti a rivolgersi al Tar ma anche alla Corte di giustizia europea. «Raccoglieremo le firme, scriveremo alle Università, al Presidente della Repubblica, al Capo del Governo e persino al Papa», avvertono.
E la ricerca della solidarietà è partita questa mattina anche sul web, con una petizione sulla piattaforma on line Change.org.