«Lo stato di inquinamento è stato escluso dalle perizie dell’incidente probatorio. Ecco perché non è possibile parlare di disastro ambientale». E’ questo il presupposto comune da cui partono le difese degli indagati per il processo Farmacia, riuniti ieri mattina in aula di consiglio davanti al gup Alessandro Ricciardolo. A prendere la parola sono stati sei legali. Tra questi l’avvocato Serena Cantale e Giuseppe Magnano in difesa dei quattro componenti della commissione di aggiudicazione della gara dappalto per i lavori di rifacimento degli impianti di scarico delledificio 12 della Cittadella, accusati di falso ideologico e turbativa d’asta.
Ma ad animare il dibattito in aula sono stati soprattutto i legali degli indagati per disastro ambientale e gestione di discarica non autorizzata. Tra i primi a parlare, Pietro Nicola Granata e Carmelo Galati, difensori di tre dei cinque componenti della commissione permanente sulla sicurezza: il preside di Farmacia Giuseppe Ronsisvalle, Giovanni Puglisi e Francesco Paolo Bonina.
«La commissione è stata attivata nell’interesse della facoltà di Farmacia proprio a seguito dei primi problemi segnalati nel 2000», sostiene l’avvocato Galati. «I docenti però non avevano nessuna funzione tecnica né giuridica rispetto alla sicurezza. E il risultato delle indagini fatte dai periti nominati dal Gup – continua – non ha rilevato livelli di inquinamento tali da parlare di contaminazione del sito. Quindi non sussiste nessuna responsabilità». Sulla stessa linea difensiva anche l’intervento di Giovanni Grasso, difensore di Franco Vittorio, direttore del dipartimento di Scienze farmaceutiche e all’epoca dei fatti capo della commissione permanente per la sicurezza, e di Marcello Bellia, componente della stessa. «L’accertamento dei periti dimostra che il terreno non era contaminato e che l’aria nel dipartimento di scienze farmaceutiche era assolutamente identica all’aria che si respira nella città di Catania», dice.
Sull’esito dell’incidente probatorio ha puntato anche l’arringa dell’avvocato Attilio Floresta, legale di Lucio Mannino, dirigente dell’ufficio tecnico. Secondo l’avvocato, il presupposto dell’accusa, per cui tutti gli indagati erano consapevoli della contaminazione del sito, verrebbe escluso proprio «dagli accertamenti tecnici predisposti nel 2004 e nel 2006 e, in ultimo, dal risultato della perizia giudiziaria». Gli stessi accertamenti che, secondo la ricostruzione del pubblico ministero, avrebbero spinto l’Università a correre ai ripari con una serie di interventi tampone. Tra questi, il rifacimento delle tubature nel 2005 che sarebbe servito, secondo l’accusa, a rimuovere le prove dell’inquinamento sostituendo parte del terreno contaminato.
Ma anche in questo caso la risposta delle difese è unanime. «E’ irrealistico pensare che il terreno sia stato sostituito», dice l’avvocato Grasso. «Sono state toccate solo le porzioni necessarie alla rimozione dei vecchi scarichi», continua.
Tutti i legali chiedono quindi al giudice il proscioglimento dei loro assistiti. Rimandata alla prossima udienza, il 21 novembre, la discussione delle altre difese. A parlare saranno i legali dell’ex direttore amministrativo dell’Università Antonino Domina e dell’ingegnere Fulvio La Pergola, componente della commissione di sicurezza. Poi la parola spetterà al giudice che dovrà decidere sul rinvio a giudizio.
[Foto di polandeze]
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