Bisogna aver fatto «almeno» un percorso decennale prima di candidarsi a ricoprire il posto lasciato da Letizia Di Liberti. Che tuttavia, in base a cosa dirà l'inchiesta, potrebbe tornare a ricoprire l'incarico. Intanto i nuovi prerequisiti potrebbero far discutere
Falsi dati Covid, cercasi dirigente «con esperienza» La prima chiamata della Regione è andata deserta
Sono passati quasi quattro mesi dall’indagine sui falsi dati Covid che ha coinvolto l’assessorato alla Salute siciliano relativamente ai conteggi del numero dei positivi al virus e dei morti. Oltre cento giorni dall’apertura dell’inchiesta nata dalle intercettazioni in cui l’assessore Ruggero Razza suggerisce di «spalmare» i morti alla dirigente generale del dipartimento regionale per le Attività sanitarie e osservatorio epidemiologico Letizia Di Liberti. Uno scenario che in quel periodo, come indicato dai giudici prima di Trapani e poi di Palermo, era stato messo in atto per evitare possibili restrizioni per la Sicilia, come quello del passaggio in zona rossa. A pagare lo scotto maggiore sembra essere stata proprio la responsabile del Dasoe, il cui incarico è stato revocato dopo la misura cautelare dei domiciliari nei suoi confronti. Mentre l’assessore Razza, semplicemente indagato, è tornato al fianco di Musumeci.
Intanto, l’inchiesta rimane aperta. La dirigente, che ha scontato i domiciliari, secondo la magistratura, avrebbe avuto un ruolo determinante nella vicenda, tanto da essere stato escluso un suo ritorno a ricoprire l’incarico per un possibile inquinamento delle prove a suo carico. Una diretta conseguenza che ha spinto Musumeci a consegnare temporaneamente l’incarico ad interim a Mario La Rocca. Nel frattempo, dal mese di giugno la Regione non è rimasta a guardare.
Sebbene il procedimento di revoca per Di Liberti non sia stato ancora definito né archiviato da parte della Regione, nel frattempo, a partire dal mese scorso, a palazzo d’Orleans venivano decise le misure per la ricerca di un nuovo dirigente. Con una delibera di giunta di giugno per «assicurare una guida stabile al dipartimento e anche per far fronte alla gestione dell’emergenza sanitaria da diffusione del Covid-19» la Regione ha esteso le candidature per il nuovi profili al personale interno agli enti pubblici tramite la procedura dell’atto d’interpello. Rispetto al passato, però, nella delibera che apre alle candidature per il posto di dirigente, adesso la Regione ha aggiunto dei prerequisiti fondamentali: su tutti quello dell’esperienza, almeno decennale, nella qualifica dirigenziale su materie che riguardano quelle attinenti al dipartimento. Altro criterio indispensabile è l’esperienza, sempre decennale, in qualità di direttore generale presso amministrazioni e altri enti pubblici. Dei requisiti che, in un primo momento, sembrano mirare alla scrematura dei tanti possibili candidati.
Tuttavia, a distanza di un mese, lo scorso 16 luglio, è la stessa giunta regionale a diramare una seconda delibera con cui comunica l’indizione di un bando pubblico, dato che alla prima chiamata «non si è riscontrata l’idoneità di alcun candidato – si legge nel documento – Coloro che hanno presentato la propria candidatura non sono in possesso dei requisiti aggiuntivi previsti dalla precitata deliberazione della giunta regionale». Anche per partecipare a questo bando sarà indispensabile possedere quei requisiti indicati durante la prima chiamata. Delle prerogative che però, per i sindacati, guardano con attenzione. «Capiamo bene che la Regione abbia l’esigenza di avere un interlocutore che, specie in questa fase di emergenza, è fondamentale – spiega Gaetano Agliozzo, sindacalista della funzione pubblica di Cgil a MeridioNews – Ma ci sono dei prerequisiti troppo stringenti che potrebbero complicare la scelta dei candidati e avanzare perplessità, perché in molti resterebbero esclusi. Sicuramente se la Regione formula un bando, lo fa nella piena responsabilità. Attendiamo cosa verrà fuori e, soprattutto, vedremo come si concluderanno le indagini, che ci diranno se ci sono responsabilità oggettive».
Ed è proprio la chiusura delle indagini che potrebbe stravolgere le cose. Di Liberti, che ha un contratto triennale, è stata sospesa soltanto per dodici mesi. Come affermato da fonti vicine a MeridioNews, la dirigente, una volta arrivata la notifica di revoca dell’incarico ha presentato le sue osservazioni entro i primi dieci giorni dichiarando l’assoluta correttezza del proprio operato e sostenendo che i dati che le arrivavano erano già alterati e avrebbero dovuto essere corretti per evitare di creare allarmismi ingiustificati, dato che alcuni numeri erano la somma di quelli delle settimane precedenti. Con il procedimento di revoca del contratto non ancora definito da parte della Regione, un suo possibile proscioglimento dall’inchiesta potrebbe anche essere un boomerang per la Regione, con la dirigente che potrebbe rivendicare il suo posto e appellarsi contro l’ente che ha indetto il concorso.