Fabbro di giorno, ‘panellaro’ di notte

Il lavoro in Sicilia scarseggia, e se si trova, è difficile che sia in regola con i diritti e facilitazioni che ne conseguono. Molti giovani oggi non hanno neanche un mese di contributi versati. Per loro non esistono tredicesime, giorni di malattia o ferie. Figuriamoci sperare in una pensione. Il fenomeno del lavoro sommerso sta creando una classe lavoratrice senza futuro, senza diritti e pressocché invisibile. La testimonianza che riportiamo, ha come scopo quello di raccontare la realtà in cui vivono molti giovani siciliani e le pessime condizioni lavorative nelle quali si trovano. L’intervista raccolta di seguito, vuole scuotere gli animi e le conscienze di chi approfitta e sfrutta i lavoratori solo facendo leva sul loro bisogno di lavorare. Di chi, per meglio dire, cerca di ‘tirare a campare’, perché di lavoro non si può parlare in una condizione simile, senza il minimo diritto. Incontriamo Francesco, che lavora come fabbro e venditore ambulante di panelle in uno dei mercati storici di Palermo. Vuole rimanere in anonimato, per questo gli diamo un nome di fantasia.

Come si svolge la tua giornata lavorativa?

“Esco di casa alle nove di mattina e lavoro con mio padre fino alle sei del pomeriggio, come fabbro. Poi corro al mercato per iniziare a vendere pane, panelle e crocchè fino alle due o tre di notte”.

Quindi lavori quattordici ore al giorno?

“Più o meno. Ma è l’unico modo per riuscire a racimolare 900 euro al mese. Ho un bambino piccolo e mia moglie non lavora”.

Quando ti riposi?

“Qualche volta la domenica mattina sono libero. Ne approfitto per riposare e vedere mia moglie. Non la vedo quasi mai con gli orari che faccio. Ma di solito lavoro sette giorni su sette, senza sosta”.

Sei messo in regola? Hai un contratto di lavoro?

“No, sono ambulante. Non ho mai avuto un contratto di lavoro, ormai non ci spero più”.

Quanti panini riesci a vendere ogni giorno?

“Una sessantina. La crisi io non l’ho sentita. Tutti si possono permettere di pagare qualche euro per un panino. Per molti, è l’unico pasto, anche se veloce, che riescono a mandare giù durante il giorno”.

Con il tuo stipendio potete vivere bene?

“No, se consideri che pago una piccola casa in affitto quattrocento euro. Solamente per il cibo per mio figlio spendiamo circa trececento euro mensili. Con il resto paghiamo le bollette”.

Guadagni circa 2 euro all’ora.

“Grosso modo si”.

Cosa sta facendo l’attuale amministrazione pubblica per aiutarti?

“Niente. E la situazione non cambia. Penso che il sindaco di Palermo sia un ‘mangiafranco’ e spero per le prossime elezioni comunali non sia eletta una persona simile. Anche se ne dubito. A Palermo c’è un detto che recita:“Tiani e tianeddi, su tutti ‘na crita”. A te l’interpretazione.

C’è solidarietà tra i palermitani nei momenti difficili?

“Sì. Se una persona viene da me e non ha soldi, allora gli regalo un panino. Allo stesso modo, se ho bisogno, c’è sempre qualcuno che mi aiuta”.

Francesco è nato a Palermo, ha trentatrè anni e lavora dall’età di quattordici anni. Mentre lo incontriamo lavora, friggendo dozzine di panelle e crocchette – in un incessante rito di preparazione – come di consueto ogni giorno. Il suo viso è marcato dalle difficoltà, dal duro lavoro e dal tempo passato in strada. Francesco non pensa che tutto possa cambiare rapidamente. Pensa che le cose non cambieranno. E dà la responsabilità all’inefficiente classe politica. Ma un bagliore di speranza gli illumina il volto quando parla del suo quartiere e della solidarietà della gente, dell’aiuto che riesce a dare e ricevere nei momenti più difficili.

 


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