«Evitare errori e tempi lunghi» In Procura arrivano i rinforzi

Alla procura di Catania è periodo di cambiamenti. Dopo il procuratore capo Giovanni Salvi, arriveranno in città, tra maggio e giugno, altri quattro magistrati. Due verranno da altre procure e due saranno di prima nomina, freschi di tirocinio. Una boccata d’aria per gli uffici di piazza Verga che appena un anno e mezzo fa soffrivano di una scopertura d’organico del 27 per cento. Cifra che, nel prossimo semestre, dovrebbe ridursi fino ad arrivare al 10 per cento: due posti vacanti su un organico che, almeno sulla carta, dovrebbe contare 40 sostituti procuratori. Non poco, considerato quanto lavoro hanno da fare: per ciascuno il carico medio in pendenza è di 800 fascicoli contro noti all’anno. A questi, vanno sommati i 20mila nuovi fascicoli aperti annualmente. Che si traducono in 200, 250 nuovi procedimenti a trimestre per ciascun procuratore.

Ma il Consiglio superiore della magistratura di questo non aveva tenuto conto, quando ha deciso di escludere Catania dalle sedi a cui destinare i magistrati vincitori di concorso. «Il Csm aveva scelto di indicare tra le sedi vacanti solo quelle piccole, fino a 20 sostituti procuratori, così da riempirle tutte», spiega Pasquale Pacifico, segretario dell’Associazione nazionale magistrati per il distretto etneo. Per questo motivo, il 21 novembre 2011 l’Anm ha inviato al Consiglio una lettera con la quale rilevava «l’incongruenza della scelta di non ricomprendere tra le sedi da coprire i principali uffici requirenti, tra i quali quelli del distretto della corte d’Appello di Catania».

Qualche giorno prima, anche il neo-nominato Salvi aveva scritto al Consiglio, domandando anche lui nuove risorse per la città. Due missive con lo stesso obiettivo ma su due piani diversi. «Compito del procuratore capo è quello di garantire il buon funzionamento dell’ufficio – spiega Pacifico – Mentre l’Anm si adopera per tutelare le condizioni di lavoro dei magistrati». Meno personale, infatti, significa soprattutto errori e tempi lunghi. Sbagli come quello recente con cui si è giustificato il giudice Alfredo Gari, il cui ritardo ha portato alla scarcerazione di un gruppo di affiliati al clan Scalisi di Adrano. «È un problema di sostenibilità dei carichi di lavoro», aveva ammesso il giudice. Solo un assaggio di quello che potrebbe accadere, considerato che la scopertura dell’ufficio giudicante di Catania è di molto inferiore a quella della procura. I quattro nuovi sostituti in arrivo aiuteranno invece i colleghi nella suddivisione degli impegni esterni – udienze e turni – lasciandoli più liberi di lavorare nel proprio ufficio e smaltire le pendenze.

Più che le lettere di protesta della procura etnea, però, sembra che a spingere il Csm a riconsiderare la sua posizione sia stato l’intervento dell’ufficio legislativo della presidenza della Repubblica. «In qualità di presidente del Csm – spiega ancora Pacifico – Giorgio Napolitano ha ricordato che, con le nuove norme in materia di organizzazione dei Comuni, molte sedi piccole sono destinate a essere accorpate». Assegnare loro più risorse sarebbe quindi stato uno spreco.

Di fatto, il passo indietro del Csm ha spostato qualche poltrona dal Centro-Nord al Sud. «Adottando criteri esclusivamente numerici – commenta il segretario Anm etneo – non si tiene conto delle necessità relative». Ad esempio, del tipo di reati trattati. Attenzione alla qualità e non solo alla quantità, ecco cosa chiedono i magistrati etnei. «Senza nulla togliere a molte piccole procure settentrionali – conclude – qui ci occupiamo di criminalità organizzata».

[Foto di Dimitri N.]


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