Ieri una nuova colata proveniente dal cratere di Sudest si è spinta fino a quota 1800 metri nei territori di Biancavilla e Ragalna. Scatenando la preoccupazione per la sorte della Pista Altomontana e della Pineta di Biancavilla. Lo scrittore e naturalista Sergio Mangiameli è andato a verificare di persona la situazione con il Corpo Forestale e l'Azienda Foreste. Guarda le foto
Etna, reportage dal fronte della nuova colata Salvi il rifugio Galvarina e il bosco di San Gualberto
Abbiamo voluto fare alla vecchia maniera: attaccarsi gli scarponi stretti e andarci. L’oggetto è la colata del Sudest, che stavolta ha preso la pendenza di occidente, riversandosi ieri nei territori di Ragalna e Biancavilla. Ieri sera su Facebook impazzavano certe fotografie spettacolari, in cui si vedeva un fronte biforcuto in apparenza relativamente basso. Anche alcuni siti di informazione davano per certo l’arrivo del fronte a quota 1800, e le domande di preoccupazione rimbalzavano: è stato preso il Rifugio della Galvarina? La Pista Altomontana è stata tagliata? La Pineta di Biancavilla è spacciata? L’unica risposta era andare a vedere con i propri occhi.
Grazie alla collaborazione del Corpo Forestale e dell’Azienda Foreste, guidati dai fratelli Nino e Salvo Longo, guide alpine vulcanologiche dell’Etna, a bordo di una motoslitta ci siamo infilati nell’inverno gelido dentro boschi incantati, immersi in scenari e luci di cui tutti dovrebbero goderne, almeno una volta nella vita. Non per nulla anche questa parte di Etna è zona A, di riserva integrale del Parco, e sito Unesco patrimonio dell’umanità.
Superiamo il bosco di San Gualberto (Monte Denza) e proseguiamo lungo la Pista Altomontana. Le nuvole scorrono veloci, tagliando quasi il fianco della montagna, dove però s’intravede qualcosa. «E’ lì – dice forte Salvo –. E’ quello il fronte del braccio di destra». Scendiamo e in alto, al limite della nebbia, in effetti scorgiamo del nero nuovo, che però è distante. «Saranno almeno 600 metri da qui» – considera Nino. Decidiamo di proseguire lungo la Pista, per andare a vedere l’altro pezzo, quello più a ovest. Avrà già raggiunto la Pista? E’ la domanda che ci facciamo in silenzio, con la speranza che non sia così.
A un certo punto, subito dopo aver ammirato i Nebrodi ammantati di neve, alcuni accumuli esagerati ci spingono a fermare la motoslitta e proseguire a piedi. Usciamo fuori dagli ultimi scampoli di pineta per immergerci nel deserto esposto della colata del 1610. Il fronte che cercavamo è proprio lassù, «più o meno alla stessa distanza dalla Pista, dell’altro», rileva Nino. Si trova alla destra di Monte Pecoraro, pressoché fermo, a una quota all’incirca uguale (2250 m). E’ mezzogiorno, consideriamo. «Sembra non essere così tanto alimentato, dopo il bollettino ufficiale della Prefettura di stamattina che faceva riferimento alla mezzanotte di ieri«, osserva Nino. Salvo si allontana, risale il costone, scompare e dopo un po’ ritorna: «E’ quasi fermo del tutto, va lento, per inerzia».
E’ dello stesso parere Orazio Distefano, guida del Parco dell’Etna, col quale siamo in contatto. Distefano si trova a una quota più bassa, nei pressi di Case Mirìo, dove però la visione d’insieme è migliore. «Il fronte più a nord-ovest – ci dice – è quasi fermo. Quello a sud-est, sulla sinistra di Monte Scavo, se dovesse essere ancora alimentato potrebbe dividersi in due. Ma allo stato attuale, sia la spinta a monte che la pendenza sono diminuite».
Ci rimettiamo in sella e facciamo manovra per tornare col cuore più calmo, godendoci un luogo da favola. Galvarina, Pista Altomontana e bosco di San Gualberto sono salvi. Per oggi.