Arte, in arrivo a Catania la mostra di Escher Licandro: «La città ha una nuova sensibilità»

Da Roma a Bologna, da Treviso a Milano, fino alla Sicilia. Le opere visionarie dell’artista olandese Maurits Cornelis Escher arrivano al palazzo della Cultura di Catania, dove dal 19 marzo al 17 settembre verrà ospitata la mostra Eschermania, curata da Marco Bussagli e Federico Giudiceandrea e organizzata da Arthemisia ed Escher Foundation.

«Mi pare che iniziative del genere siano apprezzate dalla città – commenta Orazio Licandro, assessore ai Saperi e alla bellezza condivisa – visto che l’ultima che si è chiusa, il museo della follia, ha registrato oltre 50 mila visitatori». Numeri che fanno parlare il rappresentante della giunta di «risveglio e di una sensibilità nuova dei cittadini, che finalmente possono godere di mostre importanti senza dover necessariamente prendere un aereo per le principali città italiane».

E attorno a Eschermania è già sorta tanta curiosità, legata soprattutto alla figura stessa dell’incisore, intellettuale matematico che ancora oggi rimane un mistero per molti e che, per anni, è stato considerato dagli storici dell’arte «come una sorta di curiosità, perché costruiva le sue opere basandosi su diverse teorie e spinto da molteplici interessi di carattere matematico e filosofico». Lo spiega a MeridioNews Rocco Giudice, docente di Arte all’istituto agrario di Paternò che ricorda come la fama dell’artista, scomparso nel 1972, sia aumentata dopo la pubblicazione del libro di Douglas Hofstadter, nel 1979, in cui vengono messi a confronto Gödel, Escher e Bach.

«La sua notorietà è cresciuta ulteriormente quando le sue opere sono finite su poster, borse, magliette, puzzle e sfondi del desktop – aggiunge il critico e curatore – catturando la fantasia del pubblico che le apprezza perché non presuppongono una conoscenza della storia dell’arte, ma chiedono di fare i conti con la propria esperienza e il modo di pensare e immaginare».

Era questo l’intento dell’artista «eccentrico», che non seguiva l’evoluzione delle arti visive, ma l’ispirazione e il tentativo di trasporre visivamente le contraddizioni dell’intelletto e della ragione. Utilizzando i cosiddetti paradossi visivi, «che contraddicono la nostra struttura della perfezione attraverso il rapporto figura-sfondo o luce-ombra».

Ma nella sua produzione ha trovato spazio anche la Sicilia, terra molto apprezzata dal maestro che ha vissuto circa sette anni in Italia, visitando spesso il meridione e tornando ben due volte sull’isola. Che gli ha ispirato opere come Tempio di Segesta e Chiostro di Monreale del 1932, Catania del 1936 e Cattedrale di Cefalù del 1938. Oltre ad alcune litografie dove protagonista è l’Etna, come Colata di lava del 1928 dal monte Etna e Castel Mola (con monte Etna).

Una marcia in più che potrebbe portare alla mostra anche chi solitamente è distaccato dal mondo dell’arte, come conferma Giudice. «Il catanese a volte può risultare estraneo a questo mondo, ma per spirito di emulazione apprezza quando i grandi eventi vengono portati nella propria città». Soprattutto quando c’è in ballo un personaggio «interessante, popolare e raffinato, un’artista visivo che a primo impatto non emoziona, ma – chiarisce il docente – fa pensare, diverte e fa riflettere perché è espressione del relativismo culturale che nasce dalla consapevolezza dei limiti e della grandezza della ragione».  


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