I giudici della Suprema Corte hanno dichiarato inammissibile il ricorso presentato dalla difesa dell'ex guardia giurata, unico imputato nel processo per l'omicidio dell'infermiera e il procurato aborto della bambina che da otto mesi portava in grembo
Eligia Ardita, la Cassazione conferma l’ergastolo per il marito La sorella: «Per noi la sua mancanza di pentimento è crudele»
La Corte di Cassazione ha confermato la condanna all’ergastolo per Christian Leonardi. L’ex guardia giurata unico imputato nel processo per omicidio volontario della moglie Eligia Ardita e per il procurato aborto di Giulia, la bambina di otto mesi che l’infermiera siracusana 35enne portava in grembo. Fino alla notte del 19 gennaio 2015, quando è stata uccisa nella sua casa in via Calatabiano, nel quartiere Santa Panagia di Siracusa.
«Nessuna vittoria perché Eligia e Giulia non torneranno mai più – ha commentato Luisa Ardita, la sorella di Eligia – Rimane sempre una sconfitta per tutti noi quell’ergastolo del dolore che noi familiari porteremo a vita». Leonardi, arrestato nel settembre del 2015, aveva prima confessato e poi ritrattato. Inizialmente, la morte dell’infermiera era passata come un caso di malasanità e nel registro degli indagati vennero iscritti gli operatori del 118 e il ginecologo. Dall’autopsia, però, è poi emerso che Eligia è morta per asfissia meccanica e che, mentre era ancora in vita, aveva subito un trauma cranico.
I giudici della Suprema Corte hanno dichiarato inammissibile il ricorso presentato dalla difesa dell’imputato. Alla base della violenta lite, infatti, ci sarebbe stata la richiesta di Eligia al marito «di non uscire di casa per recarsi a una sala Bingo». Per questo l’infermiera sarebbe stata colpita più volte alla testa e soffocata con la pressione della mano sulla bocca e sul naso «in modo da determinarne il rigurgito del cibo e il conseguente soffocamento per ostruzione delle vie respiratorie». Solo dopo avere sistemato la moglie sul letto, cambiandole i vestiti sporchi e pulendo le tracce di vomito, l’uomo avrebbe chiamato i soccorsi e i suoceri che erano stati a cena da loro quella stessa sera. «Il feto (descritto come una «bella bambina dal peso di 1,950 chili») si sarebbe potuto salvare se l’imputato, anziché dedicarsi alacremente a cancellare le tracce dell’efferato delitto, avesse richiesto tempestivamente l’intervento del 118».
Gli operatori che intervengono sul posto descrivono Leonardi come «nervoso» e «impegnato a parlare al cellulare». In realtà, dall’esame dei tabulati telefonici risulta che avrebbe fatto una sola breve telefonata. Inizialmente, l’uomo fornisce tre versioni differenti dei fatti: subito dice di essersi svegliato perché ha sentito la moglie «rantolare», poi che stava guardando la tv quando ha sentito la moglie, in camera da letto, non respirare bene. Nella terza versione, la donna «vomitava in soggiorno».
«All’assassino – ha aggiunto la sorella della vittima – rivolgo le mie ultime parole: anziché con arroganza e presunzione proclamarti innocente, mettiti in grazia di Dio. La mancanza di pentimento è davvero crudele, non hai pietà nemmeno per te stesso. Adesso e dopo sei anni di lunga sofferenza per dimostrare la verità, lasciamo riposare in pace Eligia e Giulia e continuiamo a portare i fiori elaborando il nostro lutto in santa pace». Sabato scorso, la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese ha intitolato una scuola, proprio in via Calatabiano, a Eligia e Giulia Ardita.