Quello che andrà in scena tra poche ore è stato definito il tavolo definitivo, quello che sancirà – o che dovrebbe sancire – una volta per tutte il candidato del centrodestra alla carica di sindaco di Catania. In realtà, nonostante dichiarazioni, ripicche e fughe in avanti, la confusione c’è ed è pure tanta. La scena, più che un ritrovo di vecchi amici, tra chiacchiere amabili e buon vino, ricorda più quella di un tavolo da poker. Il panno verde ben steso, i convenuti che si guardano con sospetto.
Qualcuno in mano ha un asso e non lo nasconde, anzi, scopre le proprie carte. La Lega ha Valeria Sudano, che dell’asso ha tutte le caratteristiche: conosciuta, appoggiata dalla seconda persona più votata di tutta la Sicilia, Luca Sammartino, è politica d’esperienza. Le parole di Matteo Salvini non lasciano dubbi sul fatto che voglia puntare tutto su di lei. Ma per il bene della coalizione tira il freno e vorrebbe quanto meno vedere le carte che hanno in mano gli altri prima di avventarsi sul jackpot.
Un altro asso ce l’ha in mano il Movimento per le Autonomie: Raffaele Lombardo, che nel capoluogo etneo gode di immutato appeal. Ma in questo caso il giocatore nicchia, è indeciso se mostrare o meno le carte, se ritirarsi o rilanciare. Certo, Lombardo si tirerebbe volentieri indietro, ma non succederà finché non avrà la certezza che questa mossa non la darà vinta alla Lega. L’ipotesi Sudano agli autonomisti non piace proprio e per quanto si cerchi di motivare questa intolleranza con la mancanza di unanimità all’interno della coalizione, c’è comunque nervosismo, che di sicuro non si sarà mitigato dopo la conferma della disponibilità della candidata della Lega data da Salvini a poche ore da quell’annuncio del ritiro della candidata diffuso a mezzo stampa proprio da fonti Mpa, che adesso appare come una mezza fake news.
Al tavolo ci sono anche Democrazia cristiana e Forza Italia. I primi sanno di non avere granché e passano la mano. Lo stesso fanno gli azzurri, che pur non scoprendo le carte dicono che comunque avrebbero potuto mettere a segno il punto, ma non lo faranno per il solito senso di responsabilità. E poi c’è Fratelli d’Italia. Loro di carte spendibili hanno dimostrato di averne tante, al punto che potrebbero tentare la scala, se fosse veramente una partita di poker, ma qui conta solo la carta più alta. Intanto sul tavolo c’è Pippo Arcidiacono, uscito già per le vie etnee con manifesti e grafica accattivante, ma il giocatore Fratelli d’Italia ha subito alzato le mani, come a dire «non l’ho tirata io questa carta, mi è caduta. Capita».
Tra i tanti nomi che girano nel mazzo c’è il solito Ruggero Razza, ma i meloniani non sono troppo convinti. L’unica carta che potrebbe giocarsela con quelle di Lega e autonomisti sarebbe Manlio Messina, che a Roma sta vivendo un periodo particolarmente felice: coinvolto nelle questioni parlamentari, presenza gradita nei salotti televisivi, un’ottima considerazione tra i vertici nazionali del partito. Dovere rinunciare a tutto questo per tentare la scalata alla pur prestigiosa poltrona di sindaco della decima città d’Italia potrebbe non essere così allettante per l’ex assessore regionale al Turismo. Oltretutto a pesare sulla bilancia c’è anche il fatto che dopo essere stato soltanto sfiorato dall’affaire Cannes, Messina possa avere la sensazione di avere scansato di un soffio un bel treno e questo potrebbe portarlo a non avere troppa voglia di tornare a cimentarsi così presto con i rischi che comporta la vita da amministratore.
A rendere paradossalmente meno complicate le cose, però, potrebbe esserci il fattore Palermo. Nel capoluogo di Regione il centrodestra era frammentato come e più di Catania nella ricerca di un candidato unico su cui confluire, tante erano state le fughe in avanti, con il forzista Francesco Cascio, Roberto Lagalla, l’allora autonomista Totò Lentini, tutti impegnati in campagne elettorali tanto solitarie quanto imponenti. La quadra è arrivata, come per miracolo, nel momento in cui il fronte progressista ha lanciato la candidatura unitaria di Franco Miceli, aumentando la pressione sugli avversari che, a quel punto, hanno dato l’accelerata decisiva verso la convergenza su un nome unico. Ecco, questo rischio a Catania c’è, palesato nella serata di ieri con una nota che annuncia la disponibilità di Maurizio Caserta a portare la bandiera della coalizione nonostante un centrosinistra che da una parte deve riuscire a metabolizzare la grana Enzo Bianco e dall’altra appoggiare in forze un suo candidato per dare filo da torcere al centrodestra.
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