Anche gli impianti di depurazione delle acque producono dei rifiuti. Fanghi, che andrebbero smaltiti in discarica come rifiuti speciali. E che, invece, dal depuratore di Capo d’Orlando – nel Messinese – venivano spediti a Ramacca, in provincia di Catania, dove venivano usati in un impianto che produceva compost biologico. Gli scarichi prodotti nel Comune del Messinese, secondo la procura della Repubblica di Patti che a luglio 2013 ha condotto le indagini, avevano valori inquinanti fino a 1400 volte superiori ai limiti imposti dalla legge. Questo è solo uno dei casi raccontati nel rapporto annuale di Legambiente sulle ecomafie che racconta il redditizio business dello smaltimento illecito dei rifiuti. Nelle 37 pagine dedicate alla Sicilia ci sono discariche abusive, liquami riversati in terreni, prodotti di scarto interrati e due classifiche regionali: per il maggior numero di infrazioni nel ciclo dei rifiuti e in quello del cemento. Per la quantità di illegalità relative alla spazzatura, a Catania spetta il terzo posto dopo Palermo e Siracusa; nel mondo dell’edilizia, invece, non c’è città isolana che faccia peggio del capoluogo etneo. A livello nazionale, la Sicilia è seconda solo alla Campania.
C’è anche il caso della piccola terra dei fuochi della zona industriale catanese, a Passo Martino, a causa della quale 12 persone sono attualmente sotto processo per «false attestazioni, traffico e gestione clandestina dei rifiuti, discarica non autorizzata e danno ambientale». All’interno di un terreno dell’Esa, Ente di sviluppo agricolo della Regione Sicilia, «in soli due anni, tra il 2007 e il 2009, sono state smaltite circa 123mila tonnellate di rifiuti speciali pericolosi e non». Parte dei rifiuti clandestini più dannosi, secondo l’associazione ambientalista, «giungeva addirittura dalla Campania, e solo questi avrebbero fatto conseguire un ingiusto profitto per due milioni e mezzo di euro». Tra i rifiuti smaltiti a pochi chilometri dal centro di Catania, ci sarebbero stati anche scarti di industrie agrumarie «contenenti alte concentrazioni di idrocarburi, arsenico, rame, 440 tonnellate di rifiuti alimentari scaduti, 2570 tonnellate di fanghi provenienti dagli agglomerati industriali della frazione di Giammoro di Pace del Mela, nel Messinese, e di Caltagirone, in provincia di Catania».
E sempre di discariche sotterranee si tratta nel caso delle sei ex miniere che in Sicilia sono sospettate di contenere rifiuti tossici: quella di Pasquasia (Enna), le ex cave di Bosco (San Cataldo) e Raineri (Mussomeli), quelle di Ciavolotta (Agrigento) e San Giuseppe (fra Melilli e Augusta). A contenere materiale altamente inquinante ci sarebbe anche un lago, il Soprano di Terradifalco, in provincia di Caltanissetta. Proprio nel Nisseno, nell’area compresa tra e due cave di San Cataldo e Mussomeli e il lago Soprano, il registro dei tumori indica un’incidenza sulla popolazione del 43 per cento. Nella stessa zona, il rischio di insorgenza di tumori al polmone sarebbe del 69 per cento. Nei cunicoli delle miniere, per Legambiente sarebbero nascosti ogni tipo di veleni.
Del resto, era il 1992 quando il pentito Leonardo Messina, fedelissimo del boss Piddu Madonia e caposquadra nella miniera di Pasquasia, raccontò al giudice Paolo Borsellino che «Cosa nostra usava dal 1984 le gallerie sotterranee per smaltire scorie nucleari». Dichiarazioni che sarebbero state confermate nel 1997 dall’ex camorrista Carmine Schiavone: «Il sistema era unico, dalla Sicilia alla Campania», ha detto l’uomo ai magistrati. «A oggi sulle miniere trasformate in discariche di rifiuti non c’è nulla di ufficiale si legge nel report 2014 A parte il ritrovamento di enormi quantità di amianto all’interno della miniera di Pasquasia». E pure nell’opera di bonifica avrebbe trovato spazio la malavita organizzata: «Nel marzo 2014 la direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta, sospettando che i materiali provenienti dalla bonifica venissero smaltiti illegalmente, ha bloccato e sequestrato a Catania cinque tir carichi di amianto proveniente proprio dalla miniera».
Secondo Legambiente, Catania è poi al terzo posto nella classifica dell’illegalità nel ciclo dei rifiuti in Sicilia. Prima ci sono solo Palermo e Siracusa. Nella città all’ombra dell’Etna, le infrazioni accertate in tutto il 2013 sono state 53, a seguito delle quali sono state fatte 75 denunce e 28 sequestri. Ma nessuno è stato arrestato. Zero arresti in città anche per le illegalità nel ciclo del cemento, «un comparto ritenuto a tradizionale insediamento criminale». Tra le province siciliane, Catania è quella in cui sono state accertati più reati. Centoquattro nel 2013, l’1,9 per cento di quelli scoperti in tutt’Italia. Le denunce nell’anno appena trascorso sono state 137, con un totale di 41 sequestri.
[Foto di Giuseppe Distefano]
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