Ebola, il vice questore di Catania: “Negli aeroporti siciliani serve più controllo”

Sarà pure una possibilità remota. Ma la Regione Siciliana, ad occhio e croce,  si comporta come se il rischio fosse pari allo zero. Parliamo dell’allerta Ebola e di quello che il Governo sta facendo per fronteggiare eventuali casi. Al momento, oltre alle parole, ben poco.  Almeno a giudicare dall’allarme lanciato dagli infermieri siciliani che denunciano l’assoluta mancanza di precauzioni per proteggere il personale sanitario degli ospedali dal rischio contagio.

 Ma l’allarme arriva anche dalle Forze dell’Ordine che,  attraverso i loro sindacati, come ad esempio il Coisp, ma non solo, denunciano da mesi, e continuano a farlo, il rischio sanitario  cui vengono sottoposti gli Agenti coivolti nella controversa operazione Mare Nostrum . Quelli, insomma, che svolgono il loro servizio nei porti dove sbarcano migliaia di migranti e nei centri di accoglienza.

Un’allarme che non si placa -e non potrebbe essere diversamente – dinnanzi a parole e annunci. E che arriva anche dagli alti gradi della Polizia. E’ il caso, ad esempio, di Alessandro Beretta, che oltre ad essere segretario regionale del Coisp, è anche vice Questore di Catania:

“In Sicilia non c’è nessuna organizzazione sul tema Ebola -dice a LinkSicilia – il rischio sanitario viene sottovalutato.  Per fare un esempio, molte dei migranti,  cui ovviamente va tutta la mia solidarietà per i drammi che li spingono a lasciare i loro Paesi, già un paio d’ore dopo lo sbarco, scappano. Si disperdono dunque sul territorio  nazionale per andare a raggiungere i loro congiunti in altri Paesi europei, senza alcun controllo sanitario approfondito”.

 “Nessuna organizzazione neanche negli aeroporti siciliani- aggiunge il vice questore di Catania- Non  ci sono controlli né agli arrivi e neanche alle partenze. Per essere chiari: “I migranti  vengono trasferiti in altri centri italiani con gli aerei.- sottolinea  Beretta- Vengono dunque portati in aeroporto a bordo di pulmann per poi salire sugli aeromobili. A questo mi riferisco quando parlo di partenze”.

E a quali controlli sono sottoposti prima di salire sui pulmann?: “Controlli sommari – dice il segretario regionale del Coisp-  Che aggiunge: “La Croce Rossa non rimane sulle banchine dei porti fino a quando i migranti salgono sui pulmann.  Quindi si verificano anche situazioni in cui queste persone stanno male, ma la Croce Rossa è già andata via. Anche per questo chiediamo un intervento immediato del Prefetto”.

In effetti, nei principali aeroporti dell’Isola, oltre ai manifesti affissi, su indicazione del Ministero della Salute, che avvisa dell’allerta Ebola, non sembra esserci null’altro.

Dalla società che gestisce lo scalo d Palermo, apprendiamo che non essendoci collegamenti diretti cn i Paesi colpiti dall’epidemia, l’allerta è relativa. Si seguono insomma le linee del Ministero della Salute, secondo cui se su qualche aereo in arrivo nel capoluogo siciliano ci fosse qualche caso sospetto, il comndante avrebbe l’obbligo di deviare su Roma o Milano, dove ci sono i presidi sanitari.

Spiegazioni che però, non convincono del tutto. E’ noto, infatti, che neanche l’aeroporto di Venezia ha collegamenti diretti con i Paesi africani maggiormente colpiti dal virus. Eppure, ha attivato una task force anti-Ebola da più di un mese.

Sembra più sull’allerta, invece, l’aeroporto di Catania. Non solo perché nella città etnea arriva, indirettamente un aereo dalla Giunea (attraverso Istanbul) ma “perché le procedure contro le malattie infettive sono attive da tempo” dice a LinkSicilia Claudio Pulvirenti, medico responsabile della Sanità aerea presso lo scalo di Fontanarossa.

“Abbiamo da tempo una barella e una ambulanza ad alto contenimento del rischio biologico. Non solo- aggiunge il medico- qualora dovesse arrivare un caso sospetto, non solo di Ebola ma anche di altre infezioni, avremmo uno stand isolato per l’aereo e una struttura adatta a ricevere il malato”.

Rispetto a Palermo, questo già è un miracolo. Si racconta, infatti, che nel capoluogo siciliano i casi sospetti vengano trasportati su ambulanze ordinarie e portati nei Pronto soccorso: “Sarebbe una follia -dice Pulvirenti- si rischierebbe il contagio di un intero reparto. Questo a Catania non succede”.

Il medico ci tiene a spiegare che, tutto il personale sanitario impegnato con gli immigrati fa tutto il possibile per svolgere al meglio il proprio lavoro “anche se certo, l’Asp non ci aiuta molto. I casi di scabbia, per esempio, li trattiamo sulle banchine del porto perché nessuno vuole occuparsene”.

E, ancora, Pulvirenti assicura che “gli immigrati vengono sottoposti a controlli sanitari  sulle navi e dopo lo sbarco”.

Per inciso, non abbiamo nessun dubbio sul fatto che tutti i medici coinvolti facciano del loro meglio e lavorino in maniera egregia.  Il punto è un altro: stabilire se le istituzioni siciliane (e italiane)  stiano facendo di tutto  per garantire la salute pubblica.

E, qualche dubbio, c’è.

Perché, come ricorda il vice Questore di Catania, “non basta un controllo obiettivo per stabilire se ci sono malattie infettive. Servirebbe, se non la quarantena, almeno un’analisi ematica”. Che invece viene fatta solo in presenza di sintomi sospetti. Solo cioè se questi si sono manifestati.

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