Quante vite ha don Rosario Buccheri? Per rispondere a questa domanda sarà necessario attendere. Prima la chiusura delle indagini e poi il pressoché certo processo che seguirà all’arresto avvenuto nei giorni scorsi all’interno del carcere di Enna, dove era cappellano. All’assistenza spirituale, però, Buccheri, quasi 60 anni, avrebbe associato anche altri tipi di servizi: la polizia penitenziaria lo ha fermato poco dopo avere ceduto a Mattia Rasano – detenuto del Catanese con precedenti per furto ed evasione – oltre 75 grammi di hashish. Lo scambio è avvenuto mercoledì 12 ottobre, all’interno dell’ufficio di Buccheri. A insospettire gli agenti era stato l’atteggiamento di Rasano, stranamente agitato. Sottoposto a una perquisizione, all’uscita del colloquio, l’uomo è stato trovato con la droga all’interno degli slip.
«Mi trovavo in vacanza a Palermo, ma non ricordo in che zona». Inizia così il racconto che il sacerdote – difeso dall’avvocato Nino Grippaldi – ha fatto agli inquirenti, per spiegare come si sia trovato a gestire la cospicua quantità di stupefacente. Buccheri, la cui versione è stata ritenuta «inverosimile» dal gip che ha disposto la misura cautelare in carcere, ha detto di essere stato avvicinato a più riprese da due uomini che, a bordo di una moto e con casco integrale, gli hanno intimato di mettersi al loro servizio: «Devi aiutare un nostro amico in carcere», sarebbe stata la frase rivoltagli. In una circostanza, i due gli avrebbero mostrato anche le foto della sorella e del nipote. Stampate in due differenti fogli A4, avrebbero rappresentato la minaccia di ritorsioni a cui il prelato sarebbe andato incontro nel caso si fosse sottratto al compito. Cosa di preciso dovesse fare, tuttavia, stando alle stesse parole di Buccheri, non sarebbe stato chiaro finché, la mattina del 12 ottobre, il 60enne non ha trovato un pacchetto all’interno del portaoggetti della propria auto. «A prima vista sembravano sigarette ma non riuscivo a capire di cosa si trattasse, ma ho pensato che potesse trattarsi di fumo», ha aggiunto il cappellano, raccontando i momenti precedenti alla consegna.
La vicenda, di per sé allarmante, rappresenta però soltanto uno degli aspetti che hanno portato gli inquirenti a pensare che Buccheri, abito talare a parte, possa essere coinvolto in un ampio ventaglio di attività illecite. Controllando i luoghi frequentati dal 60enne, gli agenti della penitenziaria si sono imbattuti in una serie di oggetti che poco hanno a che fare con la cura delle anime. Nell’automobile c’erano un piede di porco, un frangivetro e un passamontagna. Arnesi che hanno portato le lancette dell’orologio indietro di trent’anni, quando, nel ’92, l’uomo fu condannato per furto.
Le sorprese, però, non sono finite qui: nella stanza occupata al convento di San Francesco D’Assisi di Enna, individuata dopo un tentativo di depistaggio, gli agenti hanno recuperato un revolver calibro 38 con matricola abrasa, un fucile canne mozze e tanti proiettili. Il 60enne ha detto di avere ricevuto le armi da un amico, di cui però non ha fatto il nome, e di averle usate per esercitarsi al tiro a bersaglio. Per quanto riguarda le sciabole, anch’esse trovate nella stanza, Buccheri ha sottolineato di averle comprate nel periodo in cui faceva il carabiniere. Di spiegazioni però il sacerdote dovrà darne molte altre. A partire dal taser, custodito all’interno del convento, agli oltre 20mila euro in contanti che, per il giudice delle indagini preliminari, è difficile credere siano frutto delle donazioni dei fedeli e della divisione di beni di origine familiare. Da chiarire ci sarà il motivo per cui, tra i tantissimi appunti rinvenuti tra le carte del sacerdote, compare anche il nome di Salvatore Rinaldi, meglio conosciuto negli ambienti criminali come Turi millimachini, coinvolto di recente nel blitz antimafia Agorà e ritenuto uomo della famiglia mafiosa Santapaola-Ercolano. Infine, un punto interrogativo: cosa ci faceva don Buccheri con le oltre dieci schede sim ritrovate dalla polizia?
Foto di Zaya Odeesho – Unsplash
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