Una coppia di Bronte, con i figli, dal 2018 non può tornare nella propria abitazione, inabitabile dopo essere stata raggiunta dagli idrocarburi dispersi da una ditta calabrese, al lavoro nella vicina ferrovia. Intanto si aspetta la decisione sulle ultime analisi
Dopo lo sversamento, famiglia senza casa da quattro anni Processo a maggio, attesa per tavolo tecnico con Fce e Asp
Quattro anni senza poter fare rientro nella propria casa. Tanto è passato dal 18 marzo 2018, giorno in cui è ufficialmente iniziata l’odissea di una famiglia di Bronte. Una storia che passa da un processo, che ancora deve entrare nel vivo, complicate analisi, mancate risposte e lungaggini burocratiche. In mezzo c’è la famiglia di Antonio Zingali, della moglie Angelica Paterniti e dei loro figli. Costretti a lasciare l’abitazione in via Etna dopo lo sversamento di idrocarburi da un serbatoio, posizionato dalla ditta Ventura costruzioni ferroviarie in un terreno della stazione della Ferrovia circumetnea confinante con l’immobile della famiglia. Nei mesi scorsi la titolare dell’azienda Maria Antonietta Ventura, candidata poi ritirata di Pd-Leu-M5s alle regionali in Calabria, è stata rinviata a giudizio con l’ipotesi di reato di inquinamento ambientale e omessa bonifica. A metà febbraio, in un’indagine non collegata alla storia di Bronte, il nome della Ventura costruzioni è tornato al centro della cronaca in un’inchiesta su appalti e ‘Ndrangheta in cui compaiono anche le sigle di altre grandi aziende del settore ferroviario.
In attesa degli esiti delle aule di giustizia, superato l’anniversario dei quattro anni, l’obiettivo della famiglia Zingali è quello di tornare a casa. Per riuscirci però bisogna avere il via libera dell’Azienda sanitaria provinciale. Gli sversamenti del 2018, infatti, hanno causato – come indicato dall’Azienda regionale per l’ambiente – un grado di tossicità grave del sito. Le infiltrazioni hanno interessato non solo il terreno confinante con l’immobile, dove la Ventura su mandato di Fce stava eseguendo dei lavori, ma anche la stessa abitazione. Tanto da imporre all’allora sindaco Graziano Calanna di firmare un provvedimento di inabitabilità, costringendo gli inquilini a trovarsi una nuova sistemazione. Da allora i coniugi, insieme ai figli, hanno cambiato tre case. Prima ospiti di parenti e poi in affitto con i canoni pagati dalla Ventura costruzioni. Passaggio, quest’ultimo, che ha avuto le sue tribolazioni tra mancati rinnovi e soldi da anticipare ai proprietari nella speranza di riottenerli indietro. In mezzo c’è stata anche la protesta di Antonio Zingali che a inizio dicembre 2019 ha deciso di salire sul tetto dell’abitazione dichiarata inabitabile minacciando di compiere un gesto estremo.
La costante in questa vicenda è sempre la poca celerità. Dal 2018, infatti, la ditta ha effettuato diversi campionamenti per verificare la presenza di sostanze chimiche. Per i risultati però si è sempre dovuto attendere mesi. Le ultime analisi sono arrivate dopo l’ennesima lunga attesa e adesso la procedure prevede che venga convocato un tavolo tecnico al Comune di Bronte alla presenza dei vari attori coinvolti tra cui Fce e Azienda sanitaria provinciale. L’appuntamento, fissato per il 16 marzo, però è stato rinviato per la positività al Covid-19 di uno dei partecipanti. «Noi vorremmo soltanto tornare a casa nostra – racconta la moglie di Zingali Angelica Paterniti a MeridioNews – Il tempo continua a passare e la lontananza incide profondamente nella nostra vita».
Intanto il Comune di Bronte ha scelto di costituirsi parte civile nel processo penale. La decisione, in vista della prima udienza fissata per il 26 maggio 2022, è arrivata dopo l’assenza dell’ente durante la fase preliminare, al contrario dell’associazione Legambiente Catania. Dopo che la notizia è stata resa pubblica da MeridioNews è stata fatta richiesta alla giunta dal presidente del Consiglio Aldo Catania e dal consigliere Vincenzo Sanfilippo. Il 21 gennaio scorso è arrivata la delibera e il conferimento dell’incarico all’avvocata Antonella Cordaro.