Dopo 12 giorni attende ancora il risultato del tampone La storia di una studentessa rientrata dall’Erasmus

Una storia, l’ennesima, fatta di ritardi e ingranaggi che si inceppano nel sistema creato per fronteggiare l’emergenza sanitaria del Covid-19. Federica Iozzia da 12 giorni controlla continuamente email e smartphone nella speranza di ricevere una comunicazione sul risultato del suo tampone. Fatto con la modalità del drive-in lo scorso 10 aprile, nell’area allestita all’interno dell’ospedale San Luigi di Catania. Dal 21 marzo vive nella casa di famiglia a San Giovanni La Punta

Laureata in Economia e gestione delle Arti, la 25enne si trovava a Madrid quando l’Italia già da settimane faceva i conti con la pandemia. «Ero in Spagna per un periodo di Erasmus post laurea – racconta a MeridioNews -. L’ambasciata ha organizzato tre voli Alitalia per consentire i rientri e così ho deciso di farlo». Un viaggio «della speranza» che ha avuto come tappe intermedie una notte trascorsa in albergo a Roma e un nuovo aereo, preso l’indomani, per atterrare a Catania. «Spendendo più di 600 euro», prosegue. 

Arrivata a casa, e dopo essersi registrata online nel portale della Regione Siciliana, la studentessa ha cominciato il periodo di isolamento domiciliare previsto. Quattordici giorni «in cui mio padre si è trasferito a Sant’Agata li Battiati per una questione di sicurezza. Praticamente dal 21 marzo vivo da sola con il mio cane e con tutte le difficoltà per le forniture della spesa a cui ha pensato sempre mio papà». Finito il periodo di isolamento, senza sintomi compatibili al Covid-19, Federica inizia a imbattersi con i primi ritardi. La chiamata per il tampone arriva infatti dopo cinque giorni, precisamente il 10 aprile, rispetto al termine del periodo di quarantena. «Sono andata al San Luigi e quando è arrivato il mio turno ho notato che ero stata registrata con l’anno di nascita sbagliato: 1985 anziché 1995». Corretto sul momento l’errore e fatto il test stando alle procedure l’esito sarebbe dovuto arrivare dopo 48 ore.

«Invece sono passati 12 giorni e ancora nessuno si è fatto vivo». Com’è possibile? Una domanda che ha spinto Federica ha comporre il numero di telefono dell’Azienda sanitaria provinciale con cui era stata contatta per fare il test. Dall’altro lato della cornetta però non è arrivata nessuna risposta. «Inizialmente una signora mia ha spiegato di attendere perché stava verificando qualcosa, forse nei registri, ma poco dopo ho sentito la voce di un uomo che le ha detto “La signorina può aspettare”». La telefonata si è praticamente conclusa senza una risposta e oggi Federica affronterà il suo 32esimo giorno di quarantena


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