Un tg, ieri sera, parlando del blitz di ieri che ha decimato la nuova mafia di palermo, ha tirato in ballo un'associazione non proprio corretta
Don Vito” Cascio Ferro mafioso corleonese? Non esattamente
UN TG, IERI SERA, PARLANDO DEL BLITZ DI IERI CHE HA DECIMATO LA NUOVA MAFIA DI PALERMO, HA TIRATO IN BALLO UN’ASSOCIAZIONE NON PROPRIO CORRETTA
Ieri sera, in un Tg – non ha importanza quale: un Tg – in un servizio sul blitz che ha messo in ginocchio la nuova mafia di Palermo si parla di un picciotto che si vanta di essere il parente di Paolo Palazzotto. Nell’intercettazione riportata da tanti giornali si legge: “Lo zio di mio padre si chiamava Paolo Palazzotto, ha fatto l’omicidio del primo poliziotto ucciso a Palermo. Lo ha ammazzato lui Joe Petrosino, per conto di Cascio Ferro”.
A questo punto, testuale, veniamo a sapere che Vito Cascio Ferro, “Don Vito”, come veniva chiamato, era un mafioso corleonese.
A noi, con tutta la buona volontà, risulta che Vito Cascio Ferro, classe 1862, è stato sì un capo mafia, ma non certo corleonese.
Se non ricordiamo male, Vito Cascio Ferro era nato a Palermo. Suo padre, qualche anno dopo, si trasferì a Bisacquino, in provincia di Palermo, divenendo uno dei campieri del feudo di Santa Maria del Bosco.
La vita di “Don Vito” Cascio Ferro è stata avventurosa. Nei suoi trascorsi c’è anche la partecipazione – non certo perché era socialista – al Movimento dei Fasci siciliani. Nel 1894, proprio per sfuggire alla sanguinaria repressione dei Fasci dei lavoratori ordinata dall’allora capo del Governo italiani, il siciliano e capostipite degli ‘ascari’ Francesco Crispi, si rifugiò in Tunisia.
Non è questa la sede per ricostruire la vita di Cascio Ferro. Detto questo, “Don Vito” Cascio Ferro con i mafiosi corleonesi – cioè con i corleonesi che abbiamo conosciuto dalla fine degli anni ’70 in poi – non c’entra proprio nulla! L’associazione fatta ieri in questo Tg è, quanto meno, azzardata.
Cascio Ferro ha vissuto in un periodo in cui la mafia corleonese era sempre importante, ma non predominante. Se proprio la vogliamo raccontare tutta, il peso di Cascio Ferro si avvertiva a Palermo e in alcune zone della provincia di Agrigento.
Non fu un caso che, quando “Don Vito” venne chiamato in causa per l’omicidio del poliziotto americano Joe Petrosino – ucciso a Palermo il 12 marzo del 1909, mentre si trovava in missione per cercare i legami tra la Mano nera americana e la mafia siciliana – a fornirgli un alibi di ferro fu l’onorevole Domenico De Michele Ferrantelli, deputato di Bivona, del quale Cascio Ferro era capo elettore.
Cascio Ferro finirà condannato nel 1930 dalla Corte d’Assire di Agrigento. Ergastolo. E morirà 13 anni dopo, nel carcere di Pozzuoli, durante un bombardamento.
Quanto alla mafia corleonese più conosciuta – quella che abbiamo conosciuto, prima negli anni ’60, poi tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80, quando vincerà la ‘guerra’ con la vecchia mafia – la prima testimonianza di un certo peso l’ha scritta il parlamentare nazionale dell’allora Movimento sociale italiano, Giorgio Pisanò, nella sua relazione di minoranza a chiusura del lavori della prima Commissione parlamentare d’inchiesta sulla mafia (1976).
Secondo Pisanò, Luciano Leggio, detto Luciano Liggio di Corleone – forse uno dei più grandi boss della mafia siciliana del secondo dopoguerra – sarebbe stato l’autore dell’omicidio di Salvatore Giuliano, avvenuto a Castelvetrano, nel Cortile Di Maria, il 5 luglio del 1950. Pisanò parla di “un uomo con il berretto floscio” incaricato dalla mafia di ammazzare il bandito Salvatore Giuliano.
Quella di Pisanò non è l’unica “verità” sul caso Giuliano. Non sono mancate altre interpretazioni. Compresa la tesi che Giuliano sarebbe uscito vivo e che, al suo posto, sarebbe stato ammazzato un suo sosia.
In ogni caso, la tesi di Pisanò – che non va sottovalutata – dà la misura della considerazione che Liggio godeva nel mondo della mafia siciliana già nel 1950.
Se proprio dobbiamo essere precisi, il primo a parlare di “mafia corleonese” – non ricordiamo se nel 1980 o nel 1981 – è il generale dei Carabinieri, Mario Sateriale, all’epoca comandante dell’Arma della Legione della Sicilia occidentale (per la cronaca, Sateriale morirà in circostanze mai chiarite del tutto qualche anno dopo).
Questi sì che sono i mafiosi corleonesi che poi conosceremo negli anni successivi.
Foto tratta da igiornielenotti.it