Divieto di mafia, a Catania costa caro «È segnaletica non conforme»

Dovevano essere 22 cartelli di «divieto di mafia» e «divieto di omertà» distribuiti in giro per la città. Lui, Antonio Anc, lo street artist etneo che da almeno un anno riempie Catania con le sue creazioni, li aveva pensati per via Etnea, via di Sangiuliano e piazza teatro Massimo. Uguali alla normale segnaletica stradale, ma con un messaggio diverso. Per questo, di prima mattina, la polizia municipale ha fatto rimuovere i primi nove dai pali vuoti sui quali erano stati piazzati. L’effrazione al codice della strada è «fabbricazione e impiego di segnaletica non conforme», perché i cartelli di cartone montati dall’artista e dal suo gruppo – ci sono anche Emanuele Poki e Davide Pax – confonderebbero gli automobilisti. «Quando uno passa per la strada non è che legge la parola mafia, si ferma al segnale di divieto e si confonde», sostiene il vigile urbano che, blocchetto degli appunti alla mano, prende le generalità dei ragazzi.

La gente per la strada, intanto, si ferma e osserva. «Complimenti», dice un ragazzo. «Lasciateli stare, mandano un bel messaggio», afferma un passante. «Volete dire che la mafia non esiste? – prosegue – Esiste ed è vietata. Il cartello è giusto, ne dovrebbero mettere di più». «Ma tutti possono fare quello che vogliono? – gli risponde il vigile – È il mio lavoro, quello che c’è scritto non mi interessa».

«Non sto facendo niente di male – si difende Anc – perché i pali sono vuoti e i miei cartelli di cartone niente di permanente che non si possa rimuovere in pochi minuti». «E rimuoveteli», minaccia il vigile. E stacca una multa da 398 euro. La sanzione minima prevista dal codice. «La pago, che posso fare?», afferma sconsolato Anc. «Siamo in una democrazia – ride Davide Pax – ma è possibile che non siamo liberi di usare le nostre strade neanche per metterci dei pezzi di carta?». «Bisognava chiedere il permesso all’amministrazione comunale», conclude la polizia municipale.

Luisa Santangelo

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