Natale, si sa, è tempo di giocate a carte. Cenoni, panettoni, auguri e poi tutti sul tavolo verde – o con la tovaglia di tela cerata ché tanto siamo in casa – e via a tornei notturni che a confronto una bisca clandestina è un giro di prova. Giovani e vecchi, con gli amici o coi parenti, in Sicilia soprattutto, a Natale con le carte ci giocano tutti: «è tradizione», «porta bene», «che facciamo da qua a mezzanotte?». Per forza, come se fosse una medicina. Perché, se è vero che c’è chi si diverte, chi «senza carte non mi sembra Natale», chi lo fa per stare in compagnia e chi l’azzardo ce l’ha nel sangue, non tutti sono dello stesso avviso. Ci sono anche gli indifferenti, che per amore della convivialità natalizia partecipano al gioco, e chi lo fa suo malgrado, perché si annoia a morte e preferirebbe passare a miglior vita pur di sfuggire alla vista di assi e figure. Eppure ci si sacrifica e si taglia il mazzo. Vediamo come.
A Catania, ad esempio, dopo auguri, baci e regali della vigilia, si gioca a Tombola. Gioco tra i più gettonati in famiglia e famoso per andare oltre ai livelli di noia consentiti per legge. Di solito lo propongono i nonni che, con una puntata di dieci centesimi, trascorrono la serata prima di trasferirsi a sonnecchiare nel divano. Bello perché vario, tra ambi, terne e quaterne che spariscono di botto dal piatto senza capire né come né perché, considerato che gran parte dei partecipanti si appisola durante il gioco (una mano dura mezz’ora). C’è gente che ha minacciato il suicidio al solo pensiero di dover capovolgere anche solo un’altra volta l’asso di spade.
Altro must delle festività in famiglia è il Sette e mezzo. Con o senza piatto, dipende dal livello di azzardo dei giocatori. Gioco in cui il banco si fa i soldi, ma se siete voi a farlo la congiuntura astrale farà sì che tutti facciano sette e mezzo col sette di oro e che il suddetto banco debba pagare tutti. Gioco semplice e veloce, in base all’ammontare delle puntate e ai bicchieri di spumante tracannati, può trasformarsi da simpatico passatempo familiare a guerra sfascia famiglie. Famoso per la terminologia specifica, a causa del sette e mezzo il re di oro ha cambiato sesso e, per gli amici, è diventato la matta.
A proposito di sessualità tra le figure del mazzo siculo, è dovere in questa sede sfatare un mito erroneamente consolidato nella tradizione catanese: la donna di coppe, come quella di mazze – più nota come la giallinusa – di spade o di oro, è un fante, quindi masculo. Sì, è proprio maschio, anche se ha il gonnellino e i capelli lunghi. Senza se e senza ma.
Tra gli altri giochi più o meno tradizionali che accompagnano le serate natalizie familiari dei nati sotto al Liotro, non possono mancare il Cucù, il Domino o il Mercante in fiera, rigorosamente con mazzo siciliano. Se invece si preferiscono le carte da scala, ci si può far ridurre sul lastrico in appena un paio di giri di Baccarat. Perché, altro che ceci, fagioli o raffinate fiches, a Catania si gioca a soldi. Spicci. Sempre. I tavolini da gioco sono pieni di montagne di monetine, preventivamente scambiate al tabacchino per arrivare sul posto già pronti per farsi lasciare in mutande. Solo per appassionati del genere, poi, ci si inerpica in tornei no stop di Carioca o Scala quaranta. Per concludere, come non citare il grande classico della buonanotte: per conciliare il sonno, gli ultimi reduci si concedono un grande giro finale di Ti vitti. Il più soporifero tra i giochi di tutto il mondo e di tutti i tempi, riesce ad ammazzare anche la passione dei giocatori più accaniti.
Quando le ore cominciano a farsi piccole, e zii, nonni e genitori – complici vinello e abbuffate – crollano abbandonando il terreno di gioco in favore di cuscini e piumoni, i giovani si stringono intorno al tavolo verde al grido di «armiamo un poker!». Sì perché a Poker, al contrario di quanto si possa pensare da un paio di anni a questa parte, non si gioca solo online, ma è una moda che imperversa senza pietà. Ormai ci si sente tutti pokeristi di professione. Cinque carte o Texas hold’em che sia, l’atmosfera è quella delle bische in pieno proibizionismo americano: sigaro in bocca, cappa di fumo, sguardi taglienti e tentativi di bluff che a confronto Paul Newman ne La stangata era un dilettante.
Ma tra i giovani catanesi le tradizioni non mollano. Accanto al celebre gioco americano, resiste infatti egregiamente anche la Zicchinetta, da sempre considerata il gioco d’azzardo per eccellenza. All in e occhiali da sole per non farsi sgamare convivono poi e si alternano a gesti d’intesa e smorfie tra compagni di squadra per decidere quando calare il carico ai danni dell’avversario nella Briscola in cinque o pazza, il gioco preferito di ogni etneo che si rispetti. Contornato da altrettante liti, lancio di carte per aria e tavolini divelti in caso di perdita dei più competitivi, come nella migliore tradizione cinematografica. Le strategie per non appattare la settanta col sett’oro nei tornei di Scupa, infine, non sono da meno rispetto a quelle per portarsi a casa full, tris e doppie coppie.
E poi, quale catanese rinuncerebbe mai all’asso di mazze?
[Foto di manfri]
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