Per la Giornata mondiale del servizio sociale alcune realtà del territorio hanno raccontato le loro esperienze al dipartimento di Scienze politiche dell'università di Catania. Attività che spronano soggetti in difficoltà a riscattarsi tramite lavori utili per la società, l'ambiente, il territorio e i beni culturali
Detenuti e giovani migranti al servizio della comunità «L’agricoltura li spinge al lavoro e responsabilità»
Promuovere la comunità e consentirne lo sviluppo vuol dire non solo formare i giovani ed evitare la fuga di cervelli, ma lavorare sul reinserimento di migranti, detenuti, minorenni penalizzati. Anche in Sicilia, dove l’agricoltura apre diverse porte a questi soggetti, offrendo loro un’opportunità di riscatto personale e sociale. Esemplare in questo senso il progetto Equilibri naturali che si è svolto nel 2014 nell’area marina protetta di Siracusa, la prima nata senza barriere per i disabili e che ha visto collaborare diverse categorie. Lo racconta a MeridioNews Maria Concetta Storaci, segretaria del consiglio nazionale Ordine assistenti sociali, durante la giornata mondiale del servizio sociale.
«Tutte le azioni volte all’inclusione prevedono interventi per il diritto di cittadinanza dell’altro, spesso finanziati dalla comunità europea e dai ministeri dell’Ambiente e della Giustizia. I detenuti restituiscono qualcosa alla società durante il percorso di pena che conducono, mentre i disabili vengono inclusi a tutti gli effetti nella comunità», spiega Storaci. Sono stati proprio i detenuti, infatti, a costruire nella falegnameria allestita all’interno del carcere di Cavadonna percorsi subacquei e terrestri, steccati, accessi e scivoli per i portatori di handicap, oltre alla ludoteca ambientale collocata nel penitenziario. «Non è difficile farli entrare nelle aziende e nel mondo del lavoro – continua Storaci – perché questo sistema restituisce molto all’ente ospitante e agli operatori sociali».
Nessuna resistenza o diffidenza dunque, piuttosto una sfida colta non solo dai direttori delle carceri, ma anche dai detenuti stessi, per cui il permesso per uscire a lavorare e il piccolo budget guadagnato portano grande emozione e senso di responsabilità. «È un trend crescente, iniziato timidamente nel 2014 con la nascita dell’Istituto della messa alla prova, che oggi sta coinvolgendo sempre più soggetti», spiega Letizia Bellelli, direttrice di Uepe Catania, l’ufficio per l’esecuzione penale esterna che si occupa di persone sottoposte a provvedimenti dell’autorità giudiziaria di natura penale in fase esecutiva o processuale. «In entrambe le fasi – chiarisce – piuttosto che scontare una pena covando rabbia all’interno di un istituto penitenziario queste persone possono svolgere lavori utili per la comunità, l’ambiente, il territorio e i beni culturali». Attività che possono restituire alla società un impegno reale e svolgere una funzione educativa per chi le porta avanti.
Come Taraq, Tess e i tanti giovani migranti che vengono dall’Africa, dal Bangladesh, dalla Guinea e scendono subito in campo. Nel vero senso della parola. Sono tanti i progetti legati all’agricoltura promossi dalla cooperativa Il Nodo, di cui è presidente Fabrizio Sigona, che da più di dieci anni si occupa di accogliere piccoli gruppi in centri collettivi o in appartamenti sparsi tra Catania e Acireale. «Sono ragazzi, in molti casi minori stranieri non accompagnati, che hanno fatto un percorso e hanno bisogno di risposte immediate, che non si danno restando fermi senza far nulla, ma lavorando sull’integrazione socio lavorativa in tempi brevi», racconta Sigona.
Due di loro sono impegnati nel progetto Il verde in comune e affiancano il giardiniere nei lavori di manutenzione della villa Belvedere di Acireale. Sotto gli occhi degli abitanti del posto, tra cui c’è anche chi non gradisce l’iniziativa. Altri progetti puntano all’inserimento dei ragazzi in aziende agricole. Molti, infatti, possiedono conoscenze sull’argomento, che approfondiscono durante le loro esperienze. Come il corso per tecnici degli orti urbani organizzato in collaborazione con il dipartimento di Agraria dell’università di Catania, a cui hanno partecipato migranti e giovani disoccupati italiani che hanno imparato come si prepara il compost, come si potano e curano le piante.
«L’agricoltura rappresenta un aspetto importante su cui puntare – sottolinea Sigona – Stiamo costruendo una cooperativa sociale per creare altri orti urbani, cento su Catania e cento su Acireale, da mettere a disposizione dei giovani italiani e stranieri». Del consorzio Il Nodo fa parte la cooperativa Futura, che aiuta i minori a rischio a integrarsi nel tessuto sociale, promuovendo lo scambio culturale attraverso la lingua, il cibo e le tradizioni. «Da noi si sentono a casa – dice la presidente Liliana Di Maria – e sono felici perché invitano gli amici, partecipano a laboratori e spettacoli teatrali, e hanno l’opportunità di uscire anche fuori dalla Sicilia».