«Gaetano gli ha parlato, forse riusciamo a dargli la commessa della Regione Lombardia». Tra impegno e «botta di culo», sembra impossibile stare lontana dagli affari per Sabrina De Capitani, ex portavoce del presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Gaetano Galvagno, e con lui indagata nel fascicolo per corruzione che coinvolge anche l’assessora regionale al Turismo Elvira Amata. […]
De Capitani, Galvagno e il call center di Paternò: il tentato scippo della commessa lombarda nel feudo di La Russa
«Gaetano gli ha parlato, forse riusciamo a dargli la commessa della Regione Lombardia». Tra impegno e «botta di culo», sembra impossibile stare lontana dagli affari per Sabrina De Capitani, ex portavoce del presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Gaetano Galvagno, e con lui indagata nel fascicolo per corruzione che coinvolge anche l’assessora regionale al Turismo Elvira Amata. Affari che nascono e che, non sempre, crescono. Ma che mostrano l’interesse della politica in tutti i settori – dagli eventi all’edilizia -, specie in quelli dove si gestiscono posti di lavoro. Anche a costo di pestarsi i piedi in casa. Come nella vicenda che riguarda i call center, da sempre in Sicilia bacino elettorale. In questo caso, però, un bacino storico del compaesano e padrino politico di Galvagno: Ignazio La Russa. Entrambi di Paternò, nel Catanese, dove da vent’anni viene gestito il call center della sanità lombarda. Regione nella cui giunta siede Romano La Russa, fratello minore del presidente del Senato Ignazio, come assessore alla Sicurezza e alla Protezione civile.
La gestione di un call center a Paternò
Siamo a marzo 2023 quando Sabrina De Capitani, oggi dimissionaria, racconta al compagno la sua «botta di culo» del giorno: l’aver appreso, «tramite Gaetano», di un call center da 1200 dipendenti con un appalto in scadenza. Fortuna vuole che lei, tra una mostra e una palazzina, abbia un contatto anche per questo. «Adesso questa gara scade e la vogliamo far fare a Felice», spiega De Capitani al compagno. Il riferimento, secondo la guardia di finanza, è a Felice Iginio Marcello Saladini (non coinvolto nell’inchiesta, ndr), amministratore delegato di una società che si occupa di gestione e assistenza dei clienti – la stessa per cui De Capitani ha fatturato nel 2022 e con cui collabora anche il compagno -, ma anche con interessi nel calcio, come proprietario del Club Reggina 1914 e del FC Lamezia Terme. Felice, secondo quanto De Capitani avrebbe riferito a Galvagno, sarebbe interessato a espandersi in Sicilia, ma affinché sia conveniente servirebbe una commessa certa: «Gaetano gli ha parlato, ha detto che non c’è nessun problema, forse riusciamo a dargli la commessa della Regione Lombardia». Rassicurazione che avrebbe, come effetto, di poter disporre di eventuali nuove assunzioni, almeno nel progetto dell’ex portavoce. «Se Gaetano apre un call center dove tu, ogni volta che hai bisogno di mettere lì una persona, ce l’hai… Minchia, sai che cosa vuol dire?», dice De Capitani a un nuovo interlocutore. Che conferma: «Certo, ma Gaetano queste cose le dovrebbe capire bene, dico, in questo non è scarso». Ma le cose vanno diversamente.
L’affare sfumato nel feudo dei La Russa
Passano appena due mesi e, in effetti, la Regione Lombardia stanzia 280 milioni di euro per i servizi di call center. Ad aggiudicarsi la commessa nel Catanese, a Paternò e Biancavilla, è però la stessa compagine che lo gestisce già da una decina d’anni: ossia Gpi, che fa capo al presidente di Confindustria Trento, Fausto Manzana, stavolta insieme – per un 30 per cento – a Konecta Italia. Una scelta in continuità, in una storia ormai ventennale tra la sanità regionale lombarda e i telefoni siciliani. Un rapporto che, negli anni, ha cambiato nome – tra denominazioni societarie, cessioni di rami d’azienda ed esternalizzazioni – ma non la stabilità. E che, proprio per quanto riguarda l’anno 2023, aveva attirato anche l’attenzione della Corte dei conti, la quale evidenziava «l’assenza di una complessiva analisi dei costi-benefici dell’operazione». Soprattutto riguardo alla sede decentrata di Aria spa in Sicilia, partecipata lombarda che bandisce proprio il servizio di call center. Una storia che nasce nel 2005, con il paradosso di società dal nome Lombardia call e Lombardia informatica, ma che hanno sempre parlato siciliano. A partire dalla fondazione, gestita da un altro paternese: Giovanni Catanzaro, manager da sempre vicino a La Russa. E a occuparsi di call center sul territorio, con la società Midica, poi Qè, è stato anche Gaetano Raspagliesi, cognato dei La Russa.
Il regno del part-time
All’ombra dei progetti politici, intanto, i 1200 lavoratori del Catanese sono stati garantiti fino al 2027. Con un possibile rinnovo per altri tre anni. Il 90 per cento di loro lavora part-time, a 800 euro al mese. Una scelta legata ai turni e alla lucidità necessaria, secondo le aziende del settore. Ma, storicamente, anche un buon modo per assumere più persone. «Paternò è da sempre all’avanguardia nello sviluppo dei call center, perché la politica gestiva il settore come feudo elettorale. Ne è un simbolo il fallimento di Qé – commenta a MeridioNews Davide Foti, segretario Filcams-Cgil Catania – Dal punto di vista occupazionale, chi lavora lì è garantito e stiamo discutendo di integrativi aziendali, per redistribuire la produttività intesa come ricchezza. Anche le relazioni sindacali sono trasparenti». E il Felice di De Capitani? «Non ne sapevamo niente. Se si viene a scoprire qualcosa di diverso – conclude Foti -, certo noi non partecipiamo a queste dinamiche che, anzi, contestiamo».