Quando fuoco e mare si incontrano il risultato può essere… sorprendente. E’ quanto accade ai vini dell’Etna affinati con una tecnica diversa dal solito cantinamento, quella subacquea che utilizza le profondità del mare, che si sta diffondendo sempre più e sembra dare buoni risultati. Ecco gli “UnderWaterWines”, i vini sott’acqua, che anche in Sicilia sembrano prendere piede. Tra le prime aziende a credere in questa metodologia innovativa c’è Primaterra fondata sull’Etna da Camillo Privitera (per più mandati presidente dell’Associazione Italiana Sommelier Sicilia e attuale consigliere nazionale AIS) e dalla moglie Tiziana Gandolfo. Nei giorni scorsi la sala conferenze del Grand Hotel Faraglioni di Acitrezza ha ospitato un’interessante degustazione, dal titolo evocativo “Fuoco&Mare”, rivolta ad uno strettissimo gruppo di giornalisti e addetti ai lavori. Due vini prodotti da Primaterra, il Primae Rosae Etna Rosato 2020 e l’Etna Rosso 2016, sono stati degustati nella “versione” affinata in mare, messi poi a confronto con quelli maturati invece col metodo tradizionale. Accanto allo stesso Camillo Privitera, che ha guidato la degustazione, c’era Emanuele Kottakhs, imprenditore ed esperto di marketing, fondatore di Jamin Underwater Wine Portofino, start up innovativa di ingegneria che si dedica appunto all’affinamento subacqueo di vini e distillati. “L’underwaterwine sta crescendo molto –ha confermato Kottakhs-. Jamin, la società che ne sta portando il testimone, ha un approccio innovativo e conta ad oggi 294 azionisti, con 6 cantine subacquee solo sul territorio nazionale, altre 6 in apertura. Oggi il fenomeno sta crescendo molto ma in realtà si tratta di qualcosa che esisteva già da tempo, dall’antica Grecia, appunto l’affinamento subacqueo e la conservazione, adesso compiuto con la consapevolezza e l’approccio scientifico che si rivela determinante. In questi prodotti riscontriamo due particolari condizioni, due ancoraggi: ovvero un’evoluzione accelerata sui sentori e una caratterizzazione della vivacità e della longevità”. Ma, tornando sull’Etna e sui prodotti sperimentali degustati, Camillo Privitera tiene a sottolineare: “Si tratta di un progetto nato qualche anno fa, se vogliamo in maniera casuale, e perseguito ora in maniera tecnica, dettagliata e anche scientifica dall’azienda Jamin, con cui Primaterra ha collaborato per un cantinamento fatto nelle acque di Portofino. Sempre più aziende stanno trovando in questo progetto la possibilità di sperimentare vie nuove per ciò che riguarda le possibilità organolettiche di sviluppo del vino, sia per la componente della parte aromatica, primaria del vino, sia per le caratteristiche evolutive che il vino in quel contesto particolare può offrire”. “Dalle prove fatte sui prototipi –entra quindi nel tecnico- si è verificato che rispetto ai vini maturati in cantina abbiamo acquisito elementi che ci dicono che ciò che emerge in un primo momento è un’immediata terzarietà dei vini (come se l’assenza di ossigeno, visto che siamo a meno 50 metri sott’acqua, abbia contribuito ad accelerare il processo evolutivo). Poi pian piano ritorna, come è classico in molti vini evoluti, l’impatto primario e cioè le caratteristiche evolutive del vino. Ecco che, probabilmente, i parametri che oggi ancora utilizziamo, per questa tipologia di vini andrebbero in realtà modificati”. La degustazione dei vini si è conclusa con l’assaggio delle preparazioni dello chef Simone Strano con i prodotti ittici della ditta Testa conserve e i prodotti del panificio A Vastedda di Castelmola, abbinati ad alcuni vini Primaterra di diverse annate.
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