Dall’amputazione della gamba alla Nazionale «La gioia è vedere un campo e un pallone»

Una passione smisurata per il calcio, che neanche l’amputazione di una gamba è riuscita a fermare. La vita di Salvatore La Manna, 38enne palermitano, è cambiata dieci anni fa, durante una missione all’estero in Libano. «Ho avuto un incidente durante un pattugliamento. Si è capovolto il mezzo blindato su una strada disconnessa e mi è finito sull’arto sinistro. Sono rimasto un’ora e quaranta minuti in quel modo. A liberarmi è stato un libanese. Passava di lì col suo trattore e ha alzato il blindato di quei pochi centimetri che servivano». Da quel momento nell’esistenza di Salvatore è cambiato tutto: lo sport lo ha aiutato a reagire, fino a portarlo nella Nazionale disabili di calcio. E da aprile parteciperà con il Vicenza al primo campionato italiano per amputati.

La Manna è stato insignito anche con un’onorificenza per aver salvato la vita a un suo commilitone proprio durante l’incidente, facendolo scendere dal mezzo. A lui però non è andata così bene, è tornato a casa salvo ma con una gamba in meno: «Da un giorno all’altro la vita ti cambia. La frase può essere inflazionata, ma io lo penso veramente: la vita va vissuta minuto per minuto. Io, in quell’ora e quaranta, non sapevo se sarei tornato a casa».

Dopo l’incidente si trasferisce a San Vito al Tagliamento, in provincia di Pordenone, dove tuttora vive: «Per 29 anni sono stato abituato a fare tutto con due arti, a un tratto ho dovuto affrontare un mondo che non conoscevo. Ma mi sono rimesso in gioco, dovevo capire come affrontare la vita e i più semplici ostacoli. Il mio carattere forte e l’aiuto della mia famiglia e mia moglie mi hanno permesso di prendere tutto molto positivamente, ma non nascondo che nel dolore ho sofferto tanto. Anche perché ho sempre giocato a calcio e mi dicevo “non riuscirò più a giocare”. Questa cosa mi ha bloccato non poco a livello morale». 

E invece è stato proprio lo sport ad aiutarlo a reagire. «Mi guardavo allo specchio dicendomi: “Salvo, ti è successo. O affronti la vita o ti butti su un divano e non fai più nulla”. E ho trovato la forza per andare avanti, nonostante le operazioni in ospedale al moncone per salvare il pezzo di gamba e anche per poter mettere una protesi. Da lì ho conosciuto il mondo sportivo per disabili, ho iniziato giù a Palermo con il basket in carrozzina, alla Panormus». Ma la nostalgia del calcio era troppo forte: «Ho saputo che c’era un ragazzo, Francesco Messori, che stava creando una squadra di calcio per amputati: si gioca con due stampelle e una gamba, le regole sono sostanzialmente come quelle del calcio. L’unica cosa che cambia è che se tocchiamo il pallone con le stampelle è fallo di mano. Si gioca a sette su un campo di 60×40, il portiere non può uscire dall’area, lui è l’unico ad avere le due gambe ma deve avere un braccio solo». Il richiamo è troppo forte per resistere e La Manna parte da Palermo per andare a Bologna dove supera il provino. «La mancanza del calcio per me era un buco nero, vedere un campo e un pallone è una gioia, fortunatamente sono entrato nella Nazionale Italiana che adesso fa parte della FISPES (Federazione Italiana Sport Paralimpici e Sperimentali) con cui ho disputato un Europeo e due Mondiali».

E proprio pochi mesi fa si è giocato l’ultimo Mondiale in Messico: l’Italia è stata eliminata agli ottavi di finale dai futuri campioni del mondo dell’Angola: «Siamo andati bene, nel girone abbiamo battuto Ghana, Francia e Argentina. Nelle tre partite abbiamo preso un solo gol, io sto in difesa e sono molto soddisfatto». Ad emozionarlo è stata l’accoglienza dei bambini messicani, al pari delle star del calcio. «Volevano i nostri autografi o le foto. E pensare che il Messico è un Paese abbastanza povero, ma lì su questo sono più avanti di noi». 

Prevista, inoltre, una novità a livello nazionale a partire dal prossimo 27 aprile: «Da quest’anno ci sarà, per la prima volta, un campionato di calcio per amputati in tutta Italia. Siamo cinque squadre e io farò parte del Vicenza calcio. Chi vincerà il campionato andrà a giocare la Champions League con le prime delle altre nazioni europee. Io voglio vincerlo: tanti a 38 anni si ritirano anche con due gambe. Io ne ho una ma non nascondo che ancora ho tanta voglia di fare. Sto comunque cercando degli amputati tra Friuli e Veneto per realizzare una squadra di calcio proprio in Friuli, perché andare a Vicenza ad allenarmi mi pesa». Quello che sicuramente ha imparato è che «non bisogna sentirsi diversi dagli altri, sono gli altri che devono sentirsi diversi da te. I momenti negativi non mancano, ma in quegli istanti penso alle cose belle, a mio figlio, a mia moglie, ai miei genitori. Loro ti vogliono talmente bene che se tu soffri fai soffrire anche loro. Da qui – conclude infine La Manna – trovi inevitabilmente la forza per andare avanti». 

Luca Di Noto

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