Smantellati due distinti gruppi che sui Nebrodi hanno costruito una rete clandestina per la commercializzazione delle carni. Migliaia i capi di bestiame rubati, poi certificati con la complicità dei veterinari dell'Asp che hanno guadagnato fino a 70mila euro. Tracce di un antiparassitario molto nocivo. Guarda video e foto
Dai furti alla tavola: la filiera criminale della carne «Usati prodotti cancerogeni, salute messa a rischio»
«La salute del consumatore è stata pesantemente messa a rischio». Non ha alcun dubbio il questore di Messina Giuseppe Cucchiara, commentando gli esiti dell’operazione della polizia Gamma Interferon, scattata all’alba di oggi. Un’indagine condotta per più di un anno – da novembre del 2014 alla fine del 2015, quindi precedente all’avvio della commissione d’inchiesta regionale sul fenomeno della macellazione clandestina – e che ha permesso di fare luce su ripetute frodi alimentari nell’area del parco dei Nebrodi, ma non solo. Cinquanta gli indagati, 33 le misure cautelari eseguite. Coinvolti anche veterinari dell’Asp di Sant’Agata di Militello, macellai compiacenti e anche numerosi allevatori. Indagati anche l’attuale sindaco di Floresta, Sebastiano Marzullo, in qualità di veterinario dell’Asp; il sostituto commissario di polizia di Tortorici, Vincenzo Saporito e il comandante dei vigili urbani di Alcara Li Fusi, Nicolò Oriti Titi. Non sarebbero emersi collegamenti diretti con la criminalità organizzata.
Contestata l’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di un numero elevato di reati tra cui furto, ricettazione, maltrattamento e uccisione di animali, commercio di sostanze alimentari nocive, nonché truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, abuso d’ufficio, falso, omissione in atti d’ufficio e favoreggiamento. Questi i reati da cui dovranno difendersi a vario titolo i 50 indagati. Secondo quanto scoperto dalla polizia del commissariato di Sant’Agata di Militello, ciascuno avrebbe avuto un preciso ruolo nell’organizzazione di una filiera delle carni illegale e clandestina, parallela a quella certificata. C’è chi avrebbe reperito la materia prima, cioè i capi di bestiame, recuperati da furti e attività di caccia di frodo, o attraverso gabbie disseminate all’interno del Parco dei Nebrodi. Secondo i dati della commissione d’inchiesta regionale sul fenomeno della macellazione clandestina, solo nella provincia di Messina, nel 2015-2016, risultano smarriti quasi 30mila ovini e seimila bovini.
Si passava poi al trattamento della carne, macellata clandestinamente senza alcun controllo e rispetto di norme igienico sanitarie, sino alla messa in commercio nei punti vendita al consumatore inconsapevole. Per trasferire gli animali veniva usata un’auto apripista col compito di segnalare l’eventuale presenza di forze dell’ordine e posti di blocco, a questo si aggiunge la profonda conoscenza del vasto territorio del parco da parte di alcuni dei soggetti coinvolti nell’inchiesta. «L’operazione di oggi chiude una lunga indagine, durata più di un anno e mezzo, a carico di due distinte associazioni a delinquere – ha puntualizzato il questore Cucchiara -. Le indagini hanno portato alla luce una filiera che portava prodotti non controllati sulla tavola dei consumatori. Sono stati comprovati episodi di allevatori che avevano animali affetti da tubercolosi e animali sani, gli uni accanto agli altri, e che hanno messo in commercio carni sottratte ai normali controlli ai quali devono essere sottoposti gli animali».
L’indagine ha inoltre palesato «l’inefficacia dei piani di risanamento delle malattie infettive degli animali, che sarebbe spettato ai medici veterinari dell’Asp». Proprio questi ultimi, come raccontato in conferenza stampa dal dirigente del commissariato di Sant’Agata di Militello, il vicequestore aggiunto Daniele Manganaro, «invece di recarsi negli allevamenti per effettuare i dovuti controlli, restavano nei loro uffici e a tavolino certificavano come avvenuti i controlli. In questo modo riuscivano a raggiungere al cento per cento il premio di produzione, e guadagnare anche 70mila euro in più rispetto allo stipendio base».
I controlli dei poliziotti sono scattati dopo la serie di furti di bestiame che si è registrata nel 2014. Indagando, hanno così scoperto ad esempio «che i veterinari attestavano che agli animali erano stati somministrati i microchip da inserire nello stomaco per garantire la tracciabilità della filiera delle carni, e invece in molti casi non era così. E lo sappiamo perché negli studi veterinari sono stati ritrovati i microchip». È stato pure accertato l’uso di medicinali illegali come l’Evomec, «un farmaco antiparassitario che viene importato dalla Romania e che resta nel corpo degli animali per 150 giorni prima di essere smaltito. Questo prodotto – continua il commissario Manganaro – però è stato trovato in carni macellate e messe in vendita, con un grosso rischio per la salute dei consumatori perché è altamente cancerogeno». Il farmaco in Italia si vende, sotto il nome di Ivomec, a 600 euro, mentre viene importato dalla Romania, dove la stessa quantità costa 50 euro.
Due le persone finite in carcere: Biagio Salvatore Borgia, 30enne di Militello Rosmarino, e Nicolino Giotta, 48 anni di Alcara Li Fusi. A loro facevano capo i due distinti gruppi che convivevano sul territorio senza scontrarsi e muovendosi in maniera autonoma. Il primo con base a Tortorici, il secondo a Cesarò. «Ciò che differenzia il primo gruppo dal secondo – spiega Manganaro – è il palese salto di qualità che quest’ultimo (quello di Cesarò ndr) opera rispetto al primo. In tal caso infatti la filiera clandestina della carne è ulteriormente garantita dalla presenza di medici veterinari dell’Asp di S.Agata Militello. Sono loro a garantire la legalizzazione sulla carta con falsa documentazione e apposizione di marchi identificativi sugli animali provento di furto e a permetterne quindi il transito attraverso le aziende del gruppo».
Ecco i nomi degli indagati raggiunti da misura cautelare:
Misura cautelare in carcere:
Salvatore Biagio Borgia
Nicolino Gioitta
Misura cautelare agli arresti domiciliari:
Tindara Ferraro
Carmelo Ferraro
Giacomo Tindaro Minone Agostino
Carmelo Gioitta
Antonino Pinto Ravì
Fortunata Grasso
Sebastiano Runzo Calanni
Antonino Calanni
Salvatore Inferno Artino
Misura dell’obbligo di dimora:
Sebastiano Mammamica Conti
Carmelo Massaro Galati
Giancarlo Fontana
Antonino Treonze Faraci
Antonino Calcò
Giuseppe Labruzzo Calcò
Giovanni Girbino
Claudio Aurelio Paterniti
Nicola Ciaramira Faraci
Vincenzo Maenza
Tommaso Blandi
Giuseppe Oddo
Nicolò Calanni
Luigi Vieni
Filadelfio Vieni
Sebastiano Musarra
Salvatore Musarra
Misura di divieto di dimora:
Alberto Paterniti
Sospensione dell’esercizio di pubblico ufficio:
Nicolò Maimone
Carmelo Scillia
Onofrio Giglia