Da oggi le Olimpiadi di Londra con 15 atleti siciliani

Sono quindici. Tre in meno di quelli presenti alla scorsa edizione di Pechino. Sono gli atleti siciliani che partecipano in varie discipline alla Olimpiade che si apre oggi a Londra. (sotto, foto tratta damusicroom.it)

Sei le province siciliane rappresentate in questa edizione dei giochi. In testa Catania con 5 atleti: Rosario La Mastra (atletica), Gianluca Maglia (nuoto), Carlotta Ferlito (ginnastica), Paolo Pizzo e Rossella Fiamingo (Scherma). Segue Palermo con 3 atleti: Anna Incerti (atletica), Simona La Mantia (atletica), Giuseppe Angilella (vela). Quindi Messina: Massimo Giacoppo (pallanuoto), Norma Morabito (canoa) e il recente brillante protagonista del Tour de France, Vincenzo Nibali (ciclismo). Infine, una presenza ciascuno per le province di Agrigento (Giorgio Avola, scherma), Siracusa (Vincenzo Gallo, pallanuoto), Ragusa (Luca Marin, nuoto) e Caltanissetta (con il diciassettenne Mirco Scarantino, sollevamento pesi, il più giovane della spedizione).

Quindici in tutto. Così da oggi tutti davanti alla tv tutti a tifare Sicilia.

Ma come nacque la prima Olimpiade dell’era moderna che consentirà, a distanza di 116 anni, ai nostri 15 atleti di essere presenti oggi a Londra?

“Tutto questo è opera sua signor barone”. Con questa frase un componente del Comitato Olimpico Internazionale il 5 aprile 1896, mentre Giorgio I di Grecia, alla presenza di 50.000 spettatori, dichiarava aperti i giochi della prima olimpiade dell’era moderna, rendeva omaggio all’entusiasmante impegno di Pierre de Fredy barone di De Coubertin perché il sogno d’Olimpia era divenuto realtà. (a sinistra, la foto del barone De Coubertin tratta da it.wikipedia.org)

Un complimento che il trentenne barone accolse con profonda commozione andando indietro con la mente nel tempo, per ripercorrere tutte le tappe del suo infaticabile impegno. Quel solenne momento era infatti il culmine di lunghi anni di dure lotte. Da quando, ancora giovinetto entusiasmato dagli scavi compiuti ad Olimpia da Ernest Curtis, giurò a se stesso che con quegli scavi sarebbero tornati alla luce i giochi olimpici.

All’inizio non ebbe altro che scetticismo ed ilarità attorno a sé, e nessuno volle prendere sul serio la proposta di rinascita dei giochi olimpici avanzata dal giovane barone. Ma nonostante le avversità di molti, De Coubertin, pedagogo ed umanista, in un’affollata conferenza tenuta a Parigi alla Sorbona il 25 novembre 1892 annuncia al mondo intero la decisione di ripristinare i giochi olimpici con il carattere dell’universalità, come sede ideale di puro agonismo e di incontro fraterno fra tutti i popoli.

“Il libero scambio del futuro – sostenne nel corso di quella conferenza – consisterà nell’invio dei nostri atleti in tutti i Paesi dove verranno organizzate gare. Il giorno in cui questo libero scambio verrà accettato dall’Europa e dal mondo, un grande passo sarà stato fatto per la causa della pace e la fratellanza tra i popoli”.

Per coagulare consensi attorno a questa ambiziosa iniziativa, De Coubertin intraprende una lunga serie di viaggi nei più svariati Paesi del mondo, raccogliendo un’unanimità di consensi che davano finalmente corpo alle aspirazioni del nobile francese.

Alla fine del mese di giugno del 1894, sempre alla Sorbona, si apre il congresso che elegge il primo Comitato Internazionale Olimpico (CIO) che indice la rinascita dei giochi olimpici dell’era moderna e fissa come sede ‘naturale’ per le celebrazioni dei primi giochi Atene, la capitale di quel Paese che, nel passato, fu la patria degli antichi giochi olimpici.

Ma le preoccupazioni per l’infaticabile barone non erano ancora finite. Doveva infatti fare i conti con la ritrosia e l’ottusità del governo greco e, soprattutto, del ministro Tricopis che, prendendo a pretesto la esosità dei costi organizzativi – 200.000 dracme – ritirava la candidatura della Grecia. (a destra, bandiera dele olimpiadi tratta da clandellozio.net)

Tempestivamente il regno d’Ungheria avanzava la propria candidatura, proponendo Budapest come sede delle prime Olimpiadi e dando così il via alla lotta accanita, tuttora esistente, tra le varie Capitali del mondo per aggiudicarsi l’organizzazione dei giochi.

Tale rivalità politica indusse la Grecia a rivedere rapidamente la propria posizione, anche perché nel frattempo De Coubertin si era rivolto al principe Costantino, un vero sportivo e nonno dell’ultimo re di Grecia, vincitore nel 1960 alle olimpiadi di Roma della medaglia d’oro per il suo Paese nella vela classe”Dragoni”. Tricopis, nemico dichiarato delle Olimpiadi, era sconfitto. Il testardo barone aveva vinto. Il governo greco si affrettò a stanziare le duecentomila dracme occorrenti per le spese iniziali, tanto più che Georgios Averoff, un ricco mecenate greco, si era dichiarato disposto a mettere a disposizione del suo Paese per l’organizzazione dei giochi un altro milione di dracme.

La prima Olimpiade moderna era dunque una splendida realtà. Ed eccolo lì mentre Giorgio I di Grecia nel nuovo stadio di Atene costruito secondo i criteri più moderni, vale a dire aperto da un lato e a pianta ellittica, dichiara aperti i giochi della prima Olimpiade dell’era moderna. Il piccolo, tenace e testardo barone francese sulla tribuna d’onore è ormai certo di essere giunto alla meta sei suoi sogni. Era riuscito a radunare nella Capitale dell’antica Grecia, nel nome di un idea che ai più era parsa un’utopia, la gioventù del mondo intero perché gareggiasse secondo i canoni del dilettantismo,della fratellanza e della sportività.

Il fondatore delle Olimpiadi moderne, dopo avere tenuto la carica di presidente del CIO sino al 1925, morirà nel 1937 e il suo cuore, secondo un suo preciso desiderio, verrà trasportato ad Olimpia e qui conservato all’interno di un monumento che ricorda la rinascita dei giochi moderni. Nell’estate del 1968 l’allora Presidente della Repubblica francese, il generale De Gaulle, fece trasportare la salma del barone De Coubertin nel Pantheon di Parigi, ove riposa accanto a Victor Hugò, a Rousseau, a Voltaire, a Emile Zolà e a tanti altri grandi e insigni francesi. (a sinistra, busto di De Gaulle, fto tratta da safran-arts.com)

Morendo, certo, non avrebbe mai immaginato che i valori per cui tanto strenuamente si era battuto nel corso della sua vita di dilettantismo, di lealtà sportiva, di tolleranza di fratellanza ,purtroppo si sarebbero stemperati e deteriorati, via via nel tempo ammorbati da parole come razzismo, negazione dei diritti umani, doping, boicottaggio, sponsor, strumentalizzazioni, ragioni di Stato e di consumismo così da capovolgere il famoso detto da “L’importante non è vincere ma partecipare” in “L’importante è vincere non partecipare”.

Malgrado tutto, vecchio e caro barone, grazie lo stesso.

Olimpiadi, appello agli atleti siciliani: “Sventolate la nostra bandiera”


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