Ha chiesto di essere scarcerato Andrea Bonafede, omonimo del cugino geometra di Campobello di Mazara (nel Trapanese) che ha prestato l’identità al boss Matteo Messina Denaro nell’ultimo periodo della latitanza. Bonafede, arrestato la scorsa settimana con le accuse di favoreggiamento e procurata inosservanza della pena aggravati dall’avere favorito Cosa nostra, ha presentato istanza di scarcerazione al tribunale del Riesame. In cella, insieme a lui, è finito anche Alfonso Tumbarello. Il medico, che ha avuto in cura Messina Denaro e che adesso è indagato per falso e concorso in associazione mafiosa, non ha ancora presentato ricorso al Riesame ma ha tempo fino a domani per farlo.
Secondo i pubblici ministeri Piero Padova e Gianluca De Leo, Bonafede si sarebbe occupato di ritirare le prescrizioni di farmaci ed esami clinici fatti da Tumbarello a nome del cugino, di consegnare al medico la documentazione sanitaria che, di volta in volta, il boss – malato di un tumore al colon – avrebbe ricevuto durante le cure, contribuendo così a mantenere segreta la reale identità di Messina Denaro consentendogli di proseguire la latitanza durata trent’anni e finita con l’arresto lo scorso 16 gennaio nella clinica privata La Maddalena nel quartiere San Lorenzo di Palermo. Tumbarello, invece, avrebbe assicurato a Messina Denaro l’accesso alle cure del servizio sanitario nazionale attraverso un percorso terapeutico durato oltre due anni, con più di 130 tra prescrizioni sanitarie e analisi (o richieste di ricovero) intestate falsamente al geometra Andrea Bonafede. A beneficiarne, in realtà, è stato l’ex primula rossa di Cosa nostra assistito personalmente e curato dal dottore. Tumbarello avrebbe così garantito a Messina Denaro non solo le prestazioni necessarie ma anche la riservatezza sulla sua reale identità. Durante il suo interrogatorio il medico ha dichiarato di non avere mai sospettato che il suo paziente fosse Messina Denaro.
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