Crisi Tecnis, la sofferenza dei commercianti di via Amari «Ripristinate la strada o protesteremo in maniera eclatante»

Lavoratori, amministratori, cittadini. Le ricadute del periodo nero della Tecnis non hanno risparmiato nessuno. Tra le vittime di questo effetto domino ci sono indubbiamente i commercianti di via Emerico Amari. La strada che dal porto di Palermo arriva fino al teatro Politeama da mesi sventrata dal cantiere dell’anello ferroviario. Un’opera necessaria, per cui abitanti e negozianti avevano accettato, malgrado tutto, di convivere con operai e recinzioni. Poi la crisi del colosso catanese, scoppiata dopo l’arresto dei vertici dell’azienda. Le prime beghe tra Tecnis e Comune prima di Natale, il cantiere che si blocca poco dopo per ripartire lo scorso 20 gennaio tra le rassicurazioni generali e, infine, la rottura definitiva, con il sindaco che in conferenza stampa annuncia la possibilità di una rescissione del contratto

All’indomani dell’abbandono del cantiere via Amari si presenta silenziosa. I mezzi sono ancora parcheggiati nei pressi degli scavi, al di là della rete. Proseguendo verso il mare, poi, si arriva nel tratto in cui la chiusura della via è totale. I lavori sono nascosti dalla recinzione-bunker altissima che occupa tutta la strada e sui lati le luci dei negozi illuminano i pochi centimetri di marciapiede rimasti liberi, dove nonostante tutto qualcuno – molti – non rinuncia a passare a bordo del proprio scooter. «Ci hanno ammazzati – dice Susanna Wu, titolare del ristorante Kuaizi – A San Valentino avevamo molti tavoli prenotati. Tanti clienti però sono stati costretti a telefonare perché non riuscivano a trovare il locale, alcuni di loro non sono neanche più venuti e ora ci dicono che il cantiere non può andare avanti?».

«Stiamo cercando di muoverci per fare riaprire la strada – spiega un altro dipendente, Alessandro Marchese – In quindici giorni hanno messo su questo mostro e in altrettanti giorni devono togliere tutto. Negli ultimi mesi abbiamo perso circa il 60 per cento della clientela. Siamo aperti da poco e abbiamo sofferto molto questa situazione. Fortunatamente i proprietari del locale sono testardi e hanno investito in pubblicità». Pochi metri dopo, passati altri ristoranti e pub semivuoti, c’è Tre Erre ceramiche. Al suo interno il titolare, Francesco Raffa, passeggia nervosamente sbraitando al telefono. Parla con il vicesindaco, Emilio Arcuri, chiedendo garanzie. «Se c’è una cosa positiva in tutta questa storia –  spiega – è che commercianti e abitanti di via Emerico Amari si sono compattati  in un unico gruppo. Ormai conosco tutti, so i loro nomi, so dove abitano. Fino a ieri sera eravamo tutti qui in negozio per una riunione operativa».

«La presenza di questo morto – continua indicando la recinzione del cantiere – senza che nessuno ci lavori dentro, per noi è un danno enorme. È un danno per i residenti, per il diritto alla salute, per il diritto alla mobilità, per il diritto di fare impresa. Se è vero che Tecnis non metterà più piede in questo cantiere, bisognerà ripristinare al più presto la sede stradale. Poi, quando si individuerà un’altra ditta potremo tornare a parlare di lavori, ma fino ad allora ci lascino liberi». Intanto in Tecnis il commissario straordinario decideranno come superare la crisi di liquidità e dovranno darne comunicazione a Palazzo delle Aquile. «In occasione di un incontro ai crociferi – continua Raffa – Arcuri ha fatto delle promesse. Promesse che hanno un peso politico importante. Se entro mercoledì non ci daranno un segno chiaro della volontà di ripristinare la via c’è da parte di tutti l’intenzione forte di dimostrare il malcontento in maniera eclatante. Non so dire come, non lo so nemmeno io. Ma faremo qualcosa eclatante».

Un rapporto difficile quello tra commercianti e Comune, spesso sfociato in polemica. «Ci sono stati dei punti che abbiamo indicato all’amministrazione in maniera precisa – aggiunge il commerciante – Richieste di civiltà, non chiedevamo la luna, semplicemente una giusta illuminazione del marciapiede, una qualsiasi forma di segnaletica che indicasse quali sono le attività, un passaggio per andare dall’altra parte della strada agevolmente. Chiedevamo di togliere il ponteggio di fronte alla Camera di commercio. Le nostre richieste sono rimaste puntualmente inascoltate. Io inviterei – conclude Raffa – chiunque a passare una giornata di lavoro qui. La nostra è un’attività a conduzione familiare aperta dal 1976. Il negozio è sempre stato frequentato dai clienti. Persino Chelsea Clinton, nel periodo in cui il padre era ancora presidente degli Stati Uniti, è passata di qui. Adesso cosa potremmo fare?»


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