«Si ritiene che l’infermità fisica di un soggetto di 82 anni, con pluripatologie, possa considerarsi grave. Con il correlato rischio di contagio attualmente in corso per il Covid-19». Motivo per cui si «provvede con urgenza al differimento dell’esecuzione della pena». Sono queste le motivazioni con cui il tribunale di sorveglianza di Milano ha concesso gli arresti domiciliari a Francesco La Rocca, storico boss di Cosa nostra e inventore della famiglia mafiosa di Caltagirone. Il padrino – come già raccontato da MeridioNews – si trovava dietro le sbarre, nel penitenziario di Milano-Opera, in regime di alta sicurezza. Cioè quello normalmente destinato ai condannati in via definitiva per mafia. Ormai da circa 20 giorni ha fatto rientro a casa, nella sua abitazione di piazza Monte Carmelo, nella parte alta di San Michele di Ganzaria.
Qui La Rocca si curerà, al riparo dal contagio del nuovo coronavirus, dopo avere attraversato l’Italia in macchina. A prenderlo in consegna, come concordato con il tribunale, è stato il figlio Gioacchino Francesco. Quello del viaggio in auto è stata l’unica soluzione possibile «considerate le attuali difficoltà di traduzione – si legge nel provvedimento – con un mezzo della polizia penitenziaria presso il suo domicilio». Il boss termina così la sua esperienza in carcere. Dove si trovava dal 2005 con condanne a fine pena mai per associazione mafiosa, omicidi, porto d’armi ed estorsione.
Nel documento il magistrato passa in rassegna le otto patologie che affliggono La Rocca. Compreso un diabete che si porta dietro da molti anni. Per il padrino la situazione si sarebbe iniziata ad aggravare dallo scorso anno quando è stato ricoverato tre volte, l’ultima delle quali a settembre. «La relazione sanitaria – sottolinea l’Ufficio di sorveglianza di Milano nel documento in cui vengono indicate le motivazioni del differimento pena – conclude nel senso che le attuali situazioni cliniche risultano essere peggiorate […] egli necessita di continui contatti con le strutture sanitarie del territorio dell’urgenza-emergenza».
«Non è stato rimesso in libertà un uomo che torna a casa per fare il capomafia – dichiara a MeridioNews il legale del boss, l’avvocato Angelino Alessandro – La Rocca ormai da tempo non sta bene e i referti sanitari lo testimoniano». Tra gli aspetti che sarebbero stati valutati sulla salute del killer ci sarebbe stata anche la costante necessità di assistenza. «La mancata applicazione del braccialetto elettronico? Credo che sia stato deciso di risparmiarne uno per utilizzarlo su altri detenuti. Il mio assistito non sarebbe in condizione di lasciare l’abitazione». Sul motivo per cui il boss, che avrebbe segni di cedimento anche a livello neurologico, abbia viaggiato in auto da Milano fino alla Sicilia, il legale specifica che «è dipeso dalle contingenze; avevamo chiesto che fosse messa a disposizione un’ambulanza, ma l’emergenza sanitaria in Lombardia non l’ha reso possibile». L’avvocato, infine, esclude che la richiesta di differimento della pena sia partita in concomitanza con l’epidemia di Covid-19. «Gli atti parlano chiaro, ho fatto istanza a inizio dicembre, quando del virus non si parlava», conclude Alessandro.
Ciccio La Rocca al momento è il nome di maggiore spessore tra i mafiosi siciliani che hanno lasciato i penitenziari italiani. Da giovane allevatore in pochi decenni ha scalato le gerarchie mafiose dell’entroterra. Prima come affiliato della famiglia di Caltanissetta – combinato all’età di 18 anni con padrino Calogero Liddu Conti, boss di Ramacca oggi 90enne – e poi, nel 1981, fondando una famiglia autonoma all’interno della Cosa nostra vecchia maniera. Quella della cupola e di Totò Riina e Bernardo Provenzano, personaggi a cui La Rocca era particolarmente legato.
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