Abitavano in viale Mario Rapisardi e negli anni 60 erano come la povera famiglia del romanzo di Verga. «Il signor Tranquillo lo conoscevano tutti, con quel suo occhio sbilenco e gli occhiali sempre sul naso. Era u scapparu. Faceva il calzolaio». Una casa semplice che però, per il pranzo di San Giuseppe, a base di macco di fave, era aperta al quartiere. Ora, a vegliare quel seminterrato, rimangono una palma e un gelsomino, ma i ragazzi di allora, oggi padri di famiglia, conservano ancora il ricordo. Riprendiamo il post dal blog Luoghi comuni, storie di città fatte a pezzi de La Capa