Il successo di misura non rispecchia l'andamento di una gara che ad un certo punto la formazione di Pergolizzi ha dominato creando molte occasioni da rete. E l'emergenza con cui il tecnico ha dovuto fare i conti valorizza la prestazione offerta dalla squadra
Corsa e intensità, è tornato il vero Palermo E l’1-0 con il Messina sta stretto ai rosanero
Risultato bugiardo. Non perché il verdetto del campo è ingiusto, anzi. Bugiardo perché l’1-0 con cui il Palermo si è imposto al Barbera sull’ACR Messina nella tredicesima giornata del Girone I del campionato di serie D sta abbastanza stretto alla compagine di Pergolizzi. Il successo di misura firmato Felici non rispecchia l’andamento di un match che i rosanero, una volta metabolizzata la trasformazione del copione preparato in precedenza alla luce dell’indisponibilità in extremis di Ricciardo (l’attaccante, alle prese con un virus intestinale, è entrato comunque nel segmento finale della partita) sostituito nell’undici iniziale da Kraja schierato prima come trequartista in un 4-3-1-2 e poi nel ruolo di mezzala destra, hanno dominato creando diverse occasioni da rete. Più di quelle costruite nelle due precedenti partite messe insieme.
La capolista, al cospetto di una formazione reduce da due successi di fila e rigenerata dalla mentalità offensiva trasmessa dal figlio di Zdenek Zeman – che in estate aveva indicato proprio il nome di Karel, palermitano, per la panchina rosanero quando gli è stato proposto dalla dirigenza il ruolo di direttore tecnico – era chiamata a dare determinati segnali dopo la sconfitta interna con il Savoia e il pari a reti bianche rimediato sul campo della Palmese ultima in classifica e le risposte fornite sono state convincenti. La squadra ha interpretato il match nella maniera giusta, ha applicato ciò che aveva preparato in settimana durante gli allenamenti (linee corte, compattezza e movimenti studiati ad hoc con l’obiettivo di eliminare gli sbocchi all’avversario) e, soprattutto nel secondo tempo, ha legittimato una superiorità visibile in particolare sul piano del palleggio e della condizione atletica. Se il portiere Pelagotti non ha dovuto compiere neanche un intervento è certamente colpa di un Messina inizialmente ordinato ma sterile nell’arco di tutti e 90 minuti e, nello stesso tempo, è anche merito dei padroni di casa. Lucidi e sempre sul pezzo.
Dopo un primo tempo caratterizzato nel finale da alcune decisioni arbitrali discutibili (sembrava netto un rigore non assegnato dal direttore di gara a Felici agganciato dal portiere Avella in uscita bassa), i padroni di casa sono rientrati sul terreno di gioco con lo spirito di chi voleva centrare l’obiettivo a tutti i costi. «Non possiamo non vincere questa gara, torniamo in campo e aggrediamoli». La sensazione è che i giocatori si siano caricati durante l’intervallo con questa frase e trasformando in energia positiva la rabbia accumulata nelle battute conclusive della prima frazione di gioco il gruppo ha portato a termine la propria missione. Che ha un valore doppio se si considera che il Palermo oggi era in emergenza, senza i due centrali difensivi titolari (Lancini e Crivello sono stati sostituiti più che degnamente da Accardi e Peretti, sempre puntuali in ogni chiusura) e con un Ricciardo a mezzo servizio in un reparto offensivo privo oltretutto dello squalificato Ficarrotta e dell’infortunato Sforzini, alter ego del bomber messinese.
Avere superato diversi ostacoli valorizza la prestazione dei rosanero, abili con le proiezioni degli esterni difensivi Doda e Vaccaro, con il dinamismo dei centrocampisti (Martin, Martinelli oltre a Kraja e Ambro che dopo circa venti minuti hanno invertito le posizioni) e con gli spunti in velocità di un Felici particolarmente ispirato, a prendere in mano le redini del gioco e ad esercitare gradualmente un controllo totale della gara. Un dominio, anche in relazione allo spessore dell’avversario di turno, impreziosito da una delle prove più brillanti offerte finora in questo campionato in termini di maturità, coralità della manovra e produzione offensiva.