Tre anni e mezzo. Sta in questo il punto di equilibrio trovato dalla procura di Catania e dai legali per pesare la responsabilità penale di Natale Zuccarello, l’ex capo del Genio civile di Catania, arrestato un anno fa dalla guardia di finanza con la pesante accusa di avere turbato gare d’appalto in cambio di mazzette. Zuccarello, che a metà novembre 2021 fu bloccato all’aeroporto di Catania di ritorno da un viaggio nel Nord Italia, davanti all’evidenza delle accuse, a partire dall’intercettazione in cui lo si sentiva incassare una tangente dall’imprenditore Nunzio Adesini della Nurovi di Gela, si è mostrato disponibile a collaborare con gli inquirenti avanzando anche la volontà di patteggiare la condanna. La difesa di Zuccarello, rappresentata dall’avvocato Nino Grippaldi e dal professore Giovanni Grasso, hanno proposto una pena a tre anni e mezzo, trovando favorevole anche il sostituto procuratore Fabio Regolo.
L’accordo, che garantirà all’ingegnere di evitare il ritorno in carcere ottenendo l’affidamento in prova ai servizi sociali, è stato ufficializzato questa mattina nel corso di un’udienza tenutasi al tribunale di Catania. A mancare adesso è il parere del giudice che si è riservato la decisione, rinviando tutti a fine gennaio, quando è atteso anche il pronunciamento sulla richiesta di rinvio a giudizio degli altri due funzionari coinvolti nell’inchiesta Genius: Saverio Verde e Ignazio Carbonaro. I due, a differenza di Zuccarello, andato in pensione pochi giorni prima dell’arresto, hanno scelto di affrontare l’eventuale processo con il rito ordinario.
Una prova del contributo fornito dall’ex numero uno degli uffici etnei di via Lago di Nicito sta nelle dichiarazioni che hanno tirato in ballo altri due imprenditori. Si tratta di Antonio Pinzone e Alessandro Tirendi. Zuccarello ha raccontato di avere preso da loro due mazzette da 25mila euro nell’ambito di lavori da eseguire all’interno del fiume Gornalunga. L’appalto riguardava il ripristino della funzionalità idraulica e la ricostruzione degli argini dopo le alluvioni che aveva colpito la parte a valle della strada provinciale 104. Pinzone e Tirendi, il primo nell’interesse dell’impresa Cospin, il secondo della Pavimentir, hanno scelto anche loro di patteggiare. La condanna, in questo caso, è stata stabilita in 18 mesi l’uno. Previste anche sanzioni pecuniarie per le imprese e l’impegno a sostituire gli amministratori.
Pinzone è un volto particolarmente noto sulla scena imprenditoriale regionale. La Cospin, infatti, è tra le imprese più attive del settore in Sicilia, con cantieri in più parti dell’isola, compreso quello nell’autostrada A18 Messina-Catania per la realizzazione delle gallerie nel punto in cui nel 2015 si registrò la frana. I lavori, più volti annunciati come in dirittura di arrivo, sono ancora in corso e ad avere rallentato la loro esecuzione è stata anche l’estromissione dal cantiere dalla Sgromo Costruzioni, impresa calabrese che si era aggiudicata l’appalto della Protezione civile insieme a Cospin ma che poi è stata colpita dagli arresti dei titolari coinvolti in un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro.
Pinzone, 60 anni, ha nel proprio passato anche l’esperienza da sindaco del comune di Santa Domenica Vittoria (Messina) ed è uno dei componenti del consiglio di Ance Catania, l’associazione dei costruttori edili. Al patteggiamento si è arrivati partendo da due versioni diverse in merito al contesto in cui è avvenuta la corruzione. Stando a Zuccarello, infatti, Pinzone avrebbe pagato per turbare la gara d’appalto a favore del Consorzio Grandi Lavori, a cui aderisce Cospin. L’imprenditore, stando alle parole dell’ex capo del Genio civile, avrebbe fornito l’elenco delle imprese da invitare nell’ambito di un sorteggio che sarebbe stato soltanto simulato. L’imprenditore, invece, ha affermato di non avere pagato per accaparrarsi i lavori, ma soltanto per velocizzare l’affidamento del cantiere alla luce di un’aggiudicazione che sarebbe avvenuta in maniera del tutto trasparente. Una mazzetta per comprare non l’appalto, ma il tempo.
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