Coronavirus, la vita dei ragazzi nei quartieri a rischio «Importante restare vicini nonostante gap tecnologico»

«I bambini sono consapevoli di ciò che sta accadendo, noi cerchiamo di restargli vicini anche se non è semplice». L’epidemia di Covid-19, che ieri in Sicilia ha superato la soglia degli ottocento contagi e venti morti, da settimane condiziona le vite non solo degli adulti ma anche di adolescenti e bambini. E non solo per la chiusura delle scuole e le prime sperimentazioni di tele-didattica. Specialmente nei quartieri popolari, la socialità spesso passa per la frequentazione di spazi di condivisione che a volte si rivelano qualcosa in più di un luogo di svago. 

«Da noi vengono centinaia di ragazzini, molti dei quali vivono situazioni non semplici all’interno delle mura domestiche – spiega a MeridioNews Mariangela Di Gangi dell’associazione palermitana Zen Insieme -. In queste settimane abbiamo cercato di riconvertire le nostre attività più velocemente possibile adattandole alle nuove restrizioni». Qualsiasi esperienza a distanza passa per il possesso di tecnologie che ancora oggi non sono accessibili a tutti. «Se il nostro terriorio non è tra quelli più connessi d’Europa, possiamo dire che nei quartieri popolari la situazione si complica ancora di più – continua Di Gangi -. Non tutti hanno una connessione adeguata, mentre per quanto riguarda gli strumenti la maggior parte si deve accontentare di uno smartphone. Qualcuno ha un tablet, pochi sono i ragazzi che hanno un computer».

Tra le attività che gli operatori di Zen Insieme stanno portando avanti c’è l’affiancamento allo studio. «Specialmente per i ragazzi che frequentano già le scuole superiori stiamo organizzando videoconferenze. Certo non è semplice, sono modalità che stiamo scoprendo con il passare dei giorni ma l’impegno ce lo mettiamo sia noi che loro», sottolinea Di Gangi. Per i bambini che ancora non sono in età scolare, l’obiettivo primario è invece cercare di ricreare la quotidianità pre-emergenza sanitaria. «Abbiamo iniziato a registrare videoletture che pubblichiamo sui social, mentre su Whatsapp stiamo organizzando la caccia al tesoro a puntate», racconta la responsabile di Zen Insieme.

Per riuscire in queste pratiche c’è bisogno anche della collaborazione delle mamme. «Abbiamo creato alcuni tutorial per scaricare i programmi più utili a mantenere i contatti a distanza. Per esempio, da qualche giorno sappiamo che a gruppi si collegano in videoconferenza così da mantenere l’abitudine della colazione sociale con i bambini». La particolarità del momento necessita anche di altro. «Nelle prime settimane sono state tantissime le domande che ci sono state poste dai ragazzi, la richiesta di chiarimenti su quello che stava accadendo – spiega Di Gangi -. La stragrande maggioranza di loro si informa tramite i social network e quindi bisogna anche cercare di insegnare quali strategie adottare per evitare le bufale».

Sarebbe sbagliato pensare che nei quartieri popolari ci sia meno senso di responsabilità, anche davanti ai divieti che limitano le libertà personali. «Abbiamo avuto l’ennesima prova di come i giovani vivano male le regole quando non ne capiscono il senso. Invece in questo caso hanno compreso che in ballo c’è la salute di tutti. Un esempio? Sono ragazzi che non riuscirebbero a non giocare a calcio per un paio di giorni, e invece da settimane accettano di non farlo».

Dall’altra parte della Sicilia le situazioni sono simili. A Librino, quartiere popolare di Catania, la vita durante l’epidemia di Covid-19 va avanti con le incertezze e i timori che ci sono anche altrove. Qui opera l’associazione Talità Kum. «Stiamo sfruttando i servizi di messaggistica per stare vicini a mamme e bambini – racconta a MeridioNews una responsabile -. Facciamo video suggerendo attività e giochi da fare a casa». I problemi però possono essere anche di natura diversa e andare oltre la noia. «In molti casi i bambini hanno i padri in carcere. Noi stiamo aiutando le mamme a spiegare ai piccoli perché in questo periodo non possono incontrarli», conclude l’operatrice.


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