Consumi in calo e disoccupazione record La denuncia: «Tutti i settori in difficoltà»

Tra gennaio e giugno 2013 a Catania hanno dichiarato fallimento 113 aziende. La città etnea è capolista nella triste classifica stilata dalla Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa. In soli tre mesi nell’isola sono andati perduti 335mila posti di lavoro, mentre crollano anche i consumi anche nei discount, le uniche attività commerciali che finora avevano mantenuto il segno positivo. Secondo i dati della Cna, la differenza tra aperture di nuove attività e chiusure è in perdita in Sicilia nel settore dell’artigianato: a Catania si registra un gap di 186 aziende, con un tassi di crescita negli ultimi tre mesi che si attesta in negativo.

Un circolo vizioso: si abbassa la capacità di spendere, diminuiscono i consumi, si riducono i posti di lavoro. Così milioni di italiani tagliano laddove possibile, come le spese di riparazione delle automobili, con immediate ripercussioni sui piccoli professionisti locali. E i cittadini siciliani, quando non risparmiano, investono su prodotti non locali. «Su 72 miliardi di euro di spesa effettuata dai cittadini del Sud, 63 riguardano beni e servizi prodotti al Nord». Aumenta anche lo squilibrio nel campo degli investimenti stranieri: il 70 per cento del capitale estero si ferma in Lombardia, «il Sud e la Sicilia quasi non vengono neppure presi in considerazione – si legge nel report della Confederazione – Tra le cause respingenti figurano: l’incertezza del diritto, la burocrazia, le procedure farraginose e lunghe, la corruzione e la criminalità». L’unico fattore in crescita è quello legato all’export che nel Meridione guadagna quasi l’otto per cento. Anche nel campo del turismo non va bene. La crisi colpisce anche le grandi città d’arte che, però, reggono nonostante il calo del due per cento sulla presenza di stranieri. Ma a soffrire è il Meridione, dove arriva solo il 13 per cento dei viaggiatori d’oltre confine, come denuncia la Cna: «Per dare l’idea dell’interesse dei turisti  stranieri verso la Sicilia è sufficiente dire che in una settimana di luglio e di agosto 2013 dalla Germania sono decollati 223 voli per le isole Baleari in Spagna e appena 17 per l’intera Sicilia».

Parte della responsabilità, secondo l’organizzazione, ricade sulla gestione dei fondi di sostegno. «Nel 2013 si rileva che alle imprese sono stati trasferiti appena 3,185 miliardi a fronte di 33,493 miliardi di fabbisogno finanziario delle imprese stesse – denuncia il rapporto – mentre a solo quattro società di servizi pubblici (Poste italiane, Ferrovie, Enav e Telecom) sono stati trasferiti 2,389 miliardi».

A livello locale, «a Catania, tutti i settori manifestano una situazione di difficoltà ad eccezione dell’agroalimentare. Con riferimento alla provincia di Catania sempre per quanto riguarda l’artigianato, i sintomi dell’aggravamento della crisi si colgono nel calo della produzione, del fatturato e degli ordinativi». E le previsioni, secondo una schiacciante maggioranza del campione intervistato dalla Confederazione, non sono destinate a migliorare.

Un fisco più incentivante, l’abbattimento del costo del lavoro, burocrazia meno invasiva e procedure amministrative più snelle e meno costose sono alcune delle richieste dirette al governo nazionale. Ma non mancano i richiami al presidente della Regione Rosario Crocetta. Pur apprezzando le iniziative contro la corruzione, servono azioni concrete per ridurre il gap infrastrutturale della Sicilia, procedere alla costituzione dei consorzi e delle aree metropolitane che sostituiranno le province, «ripristinare una situazione di legalità negli enti regionali, attraverso la nomina dei consigli di amministrazione così come prevedono le norme vigenti. Se viceversa si intende amministrare gli enti con un uomo solo al comando occorre cambiare le leggi, compito che spetta all’Assemblea Regionale Siciliana», concludono i vertici della Cna.

 

[Foto di clarita]


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Quello presentato dalla Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa è un rapporto impietoso: pochissimi investimenti esteri, squilibrio nella gestione dei fondi nazionali, burocrazia oppressiva. A pagare il conto più alto della crisi è il Sud: Catania guida la classifica dei fallimenti, mentre nell'isola in soli tre mesi sono andati perduti 335mila posti di lavoro

Quello presentato dalla Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa è un rapporto impietoso: pochissimi investimenti esteri, squilibrio nella gestione dei fondi nazionali, burocrazia oppressiva. A pagare il conto più alto della crisi è il Sud: Catania guida la classifica dei fallimenti, mentre nell'isola in soli tre mesi sono andati perduti 335mila posti di lavoro

Quello presentato dalla Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa è un rapporto impietoso: pochissimi investimenti esteri, squilibrio nella gestione dei fondi nazionali, burocrazia oppressiva. A pagare il conto più alto della crisi è il Sud: Catania guida la classifica dei fallimenti, mentre nell'isola in soli tre mesi sono andati perduti 335mila posti di lavoro

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