«Il senato della città di Catania sfiducia la gestione del teatro Stabile etneo e l’atteggiamento non costruttivo di chi lo guida». È questo il commento del capogruppo di Area popolare Manlio Messina poco dopo l’approvazione dell’ordine del giorno che formalizza la richiesta di dimissione del presidente dello Stabile etneo, Nino Milazzo, e del consiglio d’amministrazione dell’ente. Con 19 voti favorevoli e uno contrario – in forma segreta, richiesta dalle forze di centro-destra -, i consiglieri del comune di Catania chiedono un rinnovamento della «struttura culturale più importante del capoluogo etneo», precisa Messina. Il rappresentante – insieme ai colleghi delle forze di opposizione -, è stato uno dei protagonisti della seduta consiliare fin dalle prime battute, quando si temeva ancora una volta la mancanza del numero legale dei presenti.
Lo spettro dell’assenza di consiglieri votanti si aggira in aula fin dall’avvio della seduta. A destare preoccupazione è il ritardo della presidente del consiglio Francesca Raciti. Si temono giochi politici guidati dai dettami della giunta. «Dov’è Raciti? Perché tarda ad arrivare?», aizza l’opposizione il consigliere Vincenzo Parisi. Il suo commento è reso vano dall’ingresso di Raciti. La presidente del consiglio viene accolta con un generoso applauso e con l’intervento non programmato del consigliere Maurizio Mirienda che urla: «L’abbiamo attesa per tre quarti d’ora». «Per favore silenzio, che non si ripeta il caos di ieri perché stavolta sospendo la seduta», annuncia ripetutamente Raciti. Qualche minuto dopo l’apertura dei lavori il consiglio approva la richiesta di dimissioni di Nino Milazzo dalla presidenza dello Stabile e del suo cda.
A votare la misura anche qualche consigliere della maggioranza. «Questo vuol dire che la battaglia che il centrodestra persegue non è solo sua», commenta Messina. Che aggiunge: «Evidentemente abbiamo ragione», si inorgoglisce il capogruppo di Area popolare. Lo definisce «un atto politico simbolico e forte» l’esponente di Catania Futura Carmelo Coppolino. Che precisa: «I consiglieri non hanno certamente la facoltà di mandare a casa Milazzo, ma possono imprimere il segno di un desiderio di svolta». La presa di posizione si inserisce in un circuito di preoccupazione per lo stato dell’ente culturale etneo «che versa in un condizioni pietose», prosegue Coppolino. Che annuncia: «Quello di oggi potrebbe essere il primo esempio di numerosi atti di indirizzo politico rivolti a fare sentire con più forza la voce del senato cittadino che è la voce della città».
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