Sono passati oltre 20 anni e la situazione per quattro agglomerati siciliani non è mai cambiata. Per questo motivo, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha imposto all’Italia delle sanzioni pecuniarie per il mancato rispetto degli obblighi riguardanti la raccolta e il trattamento delle acque reflue urbane prima dello scarico nell’ambiente. Si tratta di Castellammare […]
Maxi condanna Ue: dopo 20 anni, quattro Comuni siciliani ancora irregolari con gli scarichi delle acque
Sono passati oltre 20 anni e la situazione per quattro agglomerati siciliani non è mai cambiata. Per questo motivo, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha imposto all’Italia delle sanzioni pecuniarie per il mancato rispetto degli obblighi riguardanti la raccolta e il trattamento delle acque reflue urbane prima dello scarico nell’ambiente. Si tratta di Castellammare del Golfo, Cinisi, Terrasini e Trappeto. La decisione è stata resa pubblica oggi dall’organismo che ha sede in Lussemburgo. Alla base di questa scelta c’è una direttiva che risale a maggio del 1991. In questo documento di 13 pagine, vengono fissate delle precise scadenze per proteggere l’ambiente dalle ripercussioni negative provocate dagli scarichi non a norma. Una di queste scadenze era quella del 31 dicembre 2000, termine entro il quale gli Stati membri avrebbero dovuto fare sì che tutti gli agglomerati più grandi, con una popolazione pari o superiore a 15mila abitanti, risultassero provvisti di reti fognarie. A questa disposizione ne sono poi state aggiunte altre, come quella riguardante la previsione di trattamenti adeguati delle acque in base alla loro tipologia.
Termini di recepimento ormai scaduti da oltre 20 anni ai quali si aggiunge una sentenza del 10 aprile 2014 che aveva già condannato l’Italia per inadempimento. Una somma di cose che adesso ha portato a una nuova pronuncia. Per questo motivo, l’Italia dovrà pagare una somma forfettaria di 10 milioni di euro e una penalità di 13 milioni di euro per ogni semestre di ritardo nell’attuazione delle misure necessarie per conformarsi alla sentenza del 2014. Per arrivare a una simile cifra, la Corte ha tenuto conto della gravità dell’infrazione, della sua durata e della capacità finanziaria dello Stato membro. La Corte sottolinea anche che «l’assenza del trattamento delle acque reflue urbane costituisce un danno all’ambiente e deve essere considerata come particolarmente grave». Rispetto alla sentenza del 2014, il danno viene comunque ritenuto meno grave poiché si passa da 42 agglomerati a quattro. Lo stesso, però, non può dirsi per la Sicilia.