Comunione negata a un bambino autistico «Su questo tema ancora troppa ignoranza»

Giuseppe è un bambino affetto d’autismo, ha 11 anni e i genitori avrebbero voluto che ricevesse la prima Comunione. Ma così non è stato. A sollevare il caso è stata la madre Mariarosa che, stando al suo racconto, si è vista negare il sacramento da don Nino Scibilia, parroco a Sant’Antonio di Rometta Marea. 

«Lo abbiamo chiesto diverse volte, sia io che mia madre – spiega a MeridioNews la signora – ma il parroco mi ha risposto che sarebbe stato meglio aspettare un po’, che il bambino capisse il significato della Comunione». Un traguardo irraggiungibile per Giuseppe che soffre della forma più grave di autismo: non parla e cammina molto a fatica. «Spesso urla quando vuole comunicare qualcosa – spiega la madre -. È per questo che abbiamo chiesto a don Scibilia la possibilità di una cerimonia privata, per non creare disturbo. La sua risposta non ha senso, cosa dovrei aspettare? Solo un miracolo potrebbe cambiare le cose». 

Tutt’altra la versione del sacerdote. «Non ho mai detto che non avrei fatto la Comunione – replica -. Come si fa a non darla a un ragazzo con handicap? Sarei un pazzo. Faccia venire la madre – suggerisce l’anziano parroco contattato al telefono – se mi accompagnano andrò di persona a chiarire con la mamma e troveremo una soluzione. Sto soffrendo per questa situazione. Non mi sono mai posto problemi a dare la comunione a bambini con handicap». Al Giornale di Sicilia ha dato una versione parzialmente diversa: «Ho chiesto che il bambino fosse nelle condizioni di comunicare un minimo con il sottoscritto». Una difesa che è andata in scena anche ieri, nella messa della mattina, quando il caso di Giuseppe era già finito su alcuni giornali. «Durante l’omelia – racconta la signora Mariarosa – ha detto che lui non ha mai parlato con me, ma era presente mia madre che si è alzata e ha chiesto la parola dicendo che quanto sosteneva non era vero». 

Secondo la donna, le prime richieste di somministrare il sacramento risalgono ad aprile. «Sono andata a parlargli prima che iniziassero le comunioni – precisa la madre del piccolo Giuseppe – ho pubblicato il mio sfogo su Facebook solo a giugno perché ho trovato forza in un post che ho letto sul social in cui si parlava di un caso simile. Poi sono stata contattata da un giornalista e il caso è diventato pubblico». Dalla Curia di Messina nessuna precisazione, solo un invito a «parlare direttamente con il parroco». 

Quello di Giuseppe non è un caso isolato in Italia. Già altre volte alcuni parroci hanno negato sacramenti sostenendo che i bambini autistici non siano in grado di capirne il valore. «Purtroppo su questo tema c’è ancora ignoranza ed emerge adesso in misura maggiore, perché in passato molte famiglie neanche portavano il figlio disabile fuori di casa. Ora fortunatamente non è più così». A parlare è Alessandro Lo Piccolo, presidente della Associazione Bambini Autistici Ionico Etnea Onlus. «La Comunione, un po’ come il battesimo, è un sacramento quasi sempre scelto dai genitori, e nel caso di Rometta credo che quel prete sia stato troppo zelante, negando a un bambino la semplice possibilità di accostarsi a Dio. Forse sulla consapevolezza si può ragionare per la cresima, che è un sacramento di confermazione». Il dottor Lo Piccolo è padre di un ragazzo autistico che proprio sabato ha ricevuto la cresima nella sua parrocchia. «Era contentissimo – racconta il padre – io e mia moglie inizialmente ne abbiamo discusso valutando positivamente la fattibilità. Ha seguito un percorso più leggero, perché non riesce a stare fermo in una classe per troppo tempo, ma alla fine siamo arrivati fino in fondo». 

Tuttavia anche Lo Piccolo ha dovuto combattere piccole resistenze. «Non sono comunque mancati gli imprevisti, come un cambio di posto last minute per favorire i soliti raccomandati che, dalla seconda fila centrale lo ha visto traslato col padrino ai margini meno visibili della navata, accanto ad un pilastro, con la scusa di voler contenere e rendere meno visibili eventuali episodi di iperattività. Fotografarlo per me è stato quasi impossibile, anche per colpa di alcuni genitori dispettosi che lo eclissavano intenzionalmente come ripicca a mie precedenti condanne anonime di loro atteggiamenti poco consoni attuati nei confronti di soggetti diversabili. Purtroppo nella società tocca assistere anche a cose del genere, alle quali pochi hanno il coraggio di opporsi, spesso indotti a tacere con l’arma del timore reverenziale o di possibili successive ritorsioni».


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